Perchè non si vede ancora la vera telemedicina

di Claudio Azzolini

Poco prima di guardarci tutti dall’alto, Costantino mi aveva chiesto un parere su come procedesse la telemedicina oggi.

Aveva già pubblicato un suo editoriale sulla teleoftalmologia su “Oftalmologia Domani” più di un anno fa, nominandomi, sullo spunto di un articolo del Dr. Fanton. Le sue riflessioni erano, come sempre, argute e condivisibili. Avevo quindi cominciato a preparare a mia volta questo articolo che leggerai, tu Costantino, dall’alto. In questi tempi ove tutto corre, vediamo se anche la teleoftalmologia sta correndo. Come si vede dal titolo, si comincia a correre, ma poco. E motivo le ragioni, in base alla mia esperienza, che non consentono ancora un vero decollo della cosiddetta telemedicina.

La telemedicina o a mio parere più correttamente e-health, intesa come un ramo dell’informatica applicata alla medicina, è nata per semplificare il lavoro del radiologo che doveva ricercare in enormi archivi le immagini da consultare. E qui il lavoro dell’informatica medica è stato ottimo, consentendo al medico in pochi secondi di trovare e visualizzare le immagini delle radiografie che voleva. Ogni ospedale si è quindi poi dotato di un’efficiente struttura informatica che, oltre ai CUP, gestiva e serviva la radiologia. In seguito si è capito che tutte le specialità con forte utilizzo della diagnostica per immagini, come l’oftalmologia, potevano beneficiare dello stesso servizio. E perché allora ci siamo fermati? E non si parla solo di immagini. Viene spontaneo infatti domandarsi perché nel follow-up di una malattia oculare il paziente debba venire in ospedale (con perdita di giornate lavorative anche per l’accompagnatore) magari solo per una acuità visiva o una tonometria. La tecnologia consente ormai di eseguire queste e moltissime altre procedure da casa, inserire i risultati in rete e attendere una risposta o un alert da parte dell’ospedale. Questi concetti sono ormai largamente condivisi, ma perché non riusciamo a metterli in pratica?

Superati gli scogli ormai antichi di affidabilità, lentezza e costi delle telecomunicazioni, si è pensato parecchi anni fa che fosse il momento buono per iniziare seri progetti di informatica medica. Personalmente, soprattutto dopo l’utile esperienza di collegamenti via satellite con la Bosnia postbellica a metà degli anni 90 per procedure chirurgiche vitreoretiniche e la partecipazione a un Working Group della Commissione Europea sulla telemedicina, io stesso ho avuto la percezione che tutto fosse ormai a portata di mano. Così abbiamo creato e sviluppato, noi come altri, vari progetti. Te ne cito solo due realizzati all’inizio del 2000 e poco dopo: il Registro Italiano dei Traumi Oculari realizzato assieme al Prof. Marco Borgioli (abbiamo raccolto in breve tempo quasi 4000 traumi oculari da tutta Italia per studi epidemiologici) e il progetto e-retina per semplificare le procedure iniettive degli emergenti farmaci intravitreali. Entrambi hanno coinvolto centinaia di medici e ci hanno dato molte soddisfazioni. Ma che fatica!

Siamo infatti incappati nei nuovi scogli della e-health che secondo me riguardano: (i) la creazione di software idonei, (ii) l’organizzazione, (iii) la burocrazia, (iv) la cultura “di rete” e (v) i costi. Cerco di analizzarli con ordine.