La prognosi visiva di questi pazienti tende a essere grave a causa dell’andamento recidivante dell’uveite, nella quale gli episodi ricorrenti di infiammazione oculare portano ad alterazioni strutturali che possono determinare un danno visivo importante fino alla cecità se non viene effettuato un trattamento adeguato e tempestivo.
Il TNF alfa è una citochina infiammatoria che, in base a molte evidenze sperimentali, potrebbe essere implicata nello sviluppo e nella persistenza dell’infiammazione oculare nella malattia di Behçet.
Tra gli altri anti-TNF, l’etanercept non solo non è risultato efficace contro l’uveite, ma ha dimostrato addirittura di acuirne la gravità, mentre l’infiliximab, a causa della sua natura chimerica, tende a perdere efficacia dopo un po’ di tempo.
Pertanto gli autori hanno rivolto l’attenzione su un altro anti-TNF, adalimumab, come nuovo approccio terapeutico strategico, alternativo agli immunosoppressori tradizionali, in un piccolo gruppo di pazienti affetti da uveite grave legata alla malattia di Behçet.
A tale scopo hanno analizzato retrospettivamente dati clinici relativi a 22 occhi di 12 pazienti trattati con adalimumab 40 mg per via sottocutanea, una volta ogni 2 settimane, in aggiunta alla terapia immunosoppressiva tradizionale in atto, otto dei quali passati a adalimumab dopo il fallimento della terapia con infliximab.
Gli outcome principali comprendevano l’attività infiammatoria oculare, la frequenza degli attacchi di uveite e la capacità di far ridurre il consumo di steroidi. Tra gli outcome secondari figuravano le variazioni della migliore acuità visiva corretta (BCVA), l’impatto sulla terapia immunosoppressiva tradizionale e gli effetti collaterali correlati ad adalimumab.
L’età media dei pazienti (11 maschi e 1 femmina) all’esordio della malattia era di 24,34 anni (± 8,62 SD). Il coinvolgimento oculare era bilaterale nell’83% dei casi e nella maggior parte dei casi (per la precisione, nel
68% degli occhi) consisteva in panuveite.
Dopo un follow-up medio di 21 mesi (± 9,63 SD), tutti i pazienti tranne uno (il 92%) hanno ottenuto una remissione dell’uveite, con un miglioramento della BCVA almeno in un occhio.
In media, gli attacchi di uveite si sono ridotti da 2 a 0,42 durante la terapia con adalimumab (P <0,001) e la dose giornaliera di steroidi è stata gradualmente ridotta in tutti i pazienti che hanno risposto ad adalimumab, fino ad arrivare in sette casi alla sospensione completa di questi farmaci, e il dosaggio medio è passato da 26,87 a 3,33 mg/die (P = 0,002).
Inoltre, nel 64% dei pazienti che hanno risposto al biologico, la terapia immunosoppressiva tradizionale è stata sospesa grazie al raggiungimento della remissione clinica prolungata ottenuta con il solo adalimumab.
Nel periodo di osservazione, sottolineano gli autori, contrariamente a quanto accade di norma con gli anti-TNF, nessun paziente ha sviluppato effetti collaterali correlati durante la somministrazione di adalimumab, che ha mostrato un eccellente profilo di sicurezza.
“Nei nostri pazienti, adalimumab ha permesso un controllo soddisfacente dell’infiammazione oculare e delle ricadute, stabilizzando il decorso clinico e migliorando la prognosi visiva” concludono i ricercatori.
Inoltre, aggiungono, “anche in accordo con le raccomandazioni recenti di gruppi di esperti, adalimumab potrebbe essere considerato un’opzione molto sicura ed efficace per il trattamento di pazienti con uveite di Behçet refrattaria agli immunosoppressori tradizionali e a infliximab, e addirittura l’anti-TNF di prima scelta, visto il basso rischio di sviluppare anticorpi anti-chimerici e quindi perdere di efficacia”. Ovviamente, precisano, occorrono “studi controllati e randomizzati, più ampi e con un follow up più lungo”, per delineare meglio il profilo di efficacia e sicurezza di adalimumab in pazienti affetti da uveite di Behçet grave.
Anche da altro studio retrospettivo pubblicato su Ocular Immunology and Inflammation nel 2016, condotto su 21 pazienti affetti da uveite non infettiva, prevalentemente associata alla malattia di Bechet, si evince l’efficacia della terapia anti TNF alpha, come outcome primario, nel controllo dell’infiammazione oculare a breve e lungo termine, associata ad un alto tasso di completa remissione clinica e come outcomes secondari nel miglioramento dell’acuità visiva, nella riduzione dell’edema maculare, nella modifica di posologia di altre terapie associate e negli effetti avversi.