Con affiliazione sempre più convinta e partecipazione sempre più solidale un crescente numero di colleghi leggono e, con assiduità, seguono Oftalmologia Domani.
Il target della Rivista è sempre stato la divulgazione, offrire nuovi aggiornamenti, suscitare utili confronti, evidenziare argomenti controversi con il contributo di professionisti che più di altri hanno approfondito le tematiche in discussione.
Credo che negli anni questi obbiettivi siano stati raggiunti, e che il prestigio della Rivista sia ormai riconosciuto.
La direzione editoriale inizialmente pensata e indicata da Costantino Bianchi, indiscusso protagonista della divulgazione scientifica oftalmologica in Italia, viene ancora una volta percorsa, confermata e, con convinzione, condivisa.
Con uno sguardo verso il panorama oftalmologico internazionale la Rivista si è aperta a nuovi orizzonti scientifici attraverso il proficuo colloquio con molti apprezzati colleghi, universalmente riconosciuti come leader.
Lo squarcio da poco aperto nel mondo delle altre specialità mediche, che presentano campi di interesse comune, contribuisce a rendere la Rivista ancora più accattivante, ancora più completa.
Questi ampi orizzonti sono percorribili ed esplorabili grazie alla lungimiranza culturale della direzione della Rivista che ha appoggiato e, con condivisione, avallato questi fecondi percorsi interdisciplinari.
Altrettanto lusinghieri e di largo interesse sono i contatti che la Rivista sta intessendo con il mondo istituzionale, verso il quale è sempre tanto difficile rapportarsi.
I punti di forza della Rivista sono stati e restano tuttavia gli articoli ed il focus su “argomenti caldi”. Tanti colleghi inviano il loro contributo che con soddisfazione pubblichiamo, sicuri di rendere un servizio efficace all’interscambio di idee ed opinioni utili ai nostri lettori.
Il giornalismo scientifico è attività tanto ardua quanto gratificante. Oltre a diffondere e promuovere approfondimenti su specifiche tematiche, il suo più elevato intento è la discussione di condotte medico-chirurgiche che risultino infine efficacemente condivise a favore della salute dei nostri pazienti.
La Redazione di Oftalmologia Domani attende i vostri contributi ed è sempre aperta alle vostre richieste con sincera e favorevole accoglienza.
Buona lettura.
Giampaolo Gini
Responsabile per la Chirurgia Vitreo Retinica presso l’Ospedale Universitario del Sussex (NHS Trust)
Presidente del EVRS, European Vitreo-Retinal Society
D: Come prima domanda vorrei che raccontasse per sommi capi il suo non comune percorso professionale, che da specialista a Firenze la vede stabilmente ormai da anni in Inghilterra all'Università del Sussex, nella regione meridionale di Brighton and Hove, unico Ateneo inglese dislocato in un parco nazionale.
R: Il mio legame con il Regno Unito non è cosa recente. Alla fine degli anni ’90 presentai un lavoro ritenuto assai innovativo al Congresso Annuale del Royal College of Ophthalmologists a Manchester. Il lavoro venne premiato con il Treacher-Collins Award e come conseguenza, seppure indiretta, giunsero offerte di lavoro da diverse strutture sanitarie inglesi.
La più interessante riguardava la organizzazione e la direzione del nascente Dipartimento di Chirurgia Vitreo Retinica dello Shropshire, bellissima regione considerata il “Cuore dell’Inghilterra”.
È difficile, per chi non abbia vissuto quella esperienza, immaginare cosa fosse la chirurgia vitreo-retinica in quegli anni. Si trattava veramente di un periodo pionieristico. Basti pensare che alla prima riunione BEAVRS (British and Eire Vitreo Retinal Society) erano presenti non più di una dozzina di partecipanti.
Potere plasmare e dirigere in cosi giovane età una Unità importante in un Paese con una grande tradizione scientifica e sanitaria mi riempi’ ovviamente di entusiasmo.
La successiva decisione di tornare in Italia dopo qualche anno per pressanti motivi familiari fu dunque molto sofferta. Ebbi comunque la fortuna di reinserirmi bene in Italia con colleghi di grande spessore professionale ed umano condividendo con loro un importante percorso professionale che durerà oltre vent’anni.
Più recentemente, si parla del 2016, mi è stato nuovamente proposto di tornare a lavorare nel Regno Unito e per una serie di fattori, sia di natura professionale che non, ho ritenuto di accettare.
D: Quali sono le difficoltà che ha incontrato per farsi strada nel mondo dell'Oftalmologia nel Regno Unito, così diffidente verso i colleghi stranieri, ed oltremodo selettivo in campo oftalmologico?
R: In realtà il mio è un caso privilegiato in quanto sono stato “chiamato” piuttosto che non essere stato io a propormi per una posizione. Inoltre, la passata esperienza nel Regno Unito con la conoscenza sia della mentalità inglese che del modus operandi dell’NHS è risultata sicuramente utile.
Tuttavia posso confermare quanto lei dice riguardo ad una certa diffidenza verso gli stranieri, però c’è un motivo per questo. Il percorso formativo in UK è regolamentato dal Royal College e dalle singole Deaneries in maniera molto precisa e rigida. Vi sono continui feedback con queste Istituzioni per ogni singolo specializzando sia per quanto riguarda l’attività chirurgica che per quella clinica.
Noi docenti, siamo responsabili in prima persona dell’applicazione delle linee guida formative del College per ogni singolo specializzando e del reale raggiungimento degli obiettivi di formazione prefissati. Questo porta alla creazione di un gruppo di Specialisti aventi conoscenze e capacità anche chirurgiche piuttosto uniformi in tutto il Paese.
Gli stranieri hanno spesso percorsi educativi diversi e, talvolta, i titoli accademici non corrispondono alle capacità pratiche.
D: In Inghilterra qual è il percorso per conseguire la laurea in Medicina e Chirurgia e la Specializzazione in Oftalmologia? Quali sono i differenti percorsi rispetto all'Italia e le peculiarità maggiormente caratterizzanti? Lei ha avuto tanti contatti con numerosi colleghi di diverse nazionalità e più di altri può dirci come siamo considerati noi oculisti italiani. Come siamo messi nella considerazione all'estero?
R: Il corso di Laurea in Medicina ha la durata di 5 anni. Alla laurea fa seguito un periodo di almeno 2 anni cosiddetto “Foundation Training” che consiste in un mix lavorativo in medicina generale, chirurgia generale, DEA e medicina di base. Al termine di questo ci sono i 7 anni di specializzazione. Sarebbe troppo complesso e francamente al di là dello scopo della nostra conversazione entrare nel dettaglio del processo di selezione sia per la Laurea in Medicina che la successiva Specializzazione in Oculistica. Basti dire che la selezione è estremamente competitiva con criteri altrettanto rigidi. Vi sono poi da superare le tre parti dell’esame FRCS o FRCOpth (Fellow of the Royal College of Surgeons o Ophthalmologists). Fatto ciò si è Specialisti riconosciuti a tutti gli effetti con inserimento sullo Specialists’ Register del GMC e, secondo antica tradizione, il passaggio del titolo da “Doctor” a “Mister”.
La risposta alla domanda di come siano visti gli oculisti italiani all’estero è un po’ più articolata. È ovvio che l’immagine dell’oculistica italiana e dell’Italia stessa viene fornita da quegli italiani che all’estero ci vanno sia per lavorare sia per partecipare a congressi scientifici. Quindi si parla di professionisti preparati e non certo dell’oculista sperduto nella Roccacannuccia di Totò. Intelligenti, estrosi, innovativi e un pò istrionici. Credo questo sia il ritratto che generalmente hanno di noi. Ovviamente, quindi, la valutazione diventa molto personale e legata alla formazione di chi questo giudizio formula. Ben diversa sarà l’opinione di uno Scandinavo rispetto a quella di un Brasiliano. Ma, comunque, il valore del nostro Paese anche in campo medico è sicuramente un dato inequivocabile.
D: Nonostante lei sia ormai da anni radicato in Inghilterra insieme alla sua famiglia, le origini ed i legami verso la sua terra restano sempre saldi, sempre molto forti. Come vive un oculista italiano all'estero? E quali sono le peculiarità e le specificità, non solo professionali, della vita di tutti i giorni in Inghilterra che la rendono diversa dall'Italia?
R: Le nostre radici rimangono ben salde. Siamo italiani prestati al Regno Unito dove cerchiamo di portare l’immagine dell’Italia migliore, quella che non fa notizia sui giornali ma che rappresenta l’anima del Paese. Di questo sono pienamente consapevoli anche i miei figli che si fanno onore a scuola. A riprova di questo legame con il mio Pese il fatto che ho mantenuto una attività libero-professionale vivace e stabile anche in Italia, con il consenso dell’amministrazione inglese mostratasi attenta alle mie richieste e pragmatica nella loro attuazione.
Cosa significa essere un Consultant in UK rispetto all’Italia? Sicuramente uno dei vantaggi rispetto al Primario italiano è l’essere libero dagli incarichi di tipo amministrativo/gestionali che sono demandati ad altre figure professionali. Il lavoro non è poco. La mia settimana tipo comprende l’insegnamento agli Specializzandi, 6 sedute operatorie e 3 sedute “cliniche” dove vengono visitati i pazienti. Queste ultime sono particolarmente stimolanti poiché si svolgono su più postazioni gestite da medici anche più giovani i quali mi pongono interrogativi interessanti e che mi obbligano a riflettere anche su cose ormai date per scontate.
Diversa è l’osservanza piuttosto rigorosa dei protocolli nazionali NICE e delle linee guida del Royal College. Diverso è anche l’obbligo alla valutazione annuale della propria figura professionale. “Sei un buon medico?” si chiede il GMC.
Ne scaturisce l’obbligo di sostenere un Appraisal annuale dove si valuta il proprio operato professionale in base agli interventi fatti/risultati, gli eventi avversi (DATIX) subiti, gli Audits effettuati sul proprio lavoro, gli aggiornamenti conseguiti e i risultati ottenuti rispetto agli obiettivi stabiliti l’anno precedente. Ma la valutazione va oltre, prendendo in considerazione la persona nel suo insieme ed esaminando, per esempio, come è il rapporto con gli altri e quale feedback si ha dai pazienti. Tutto ciò è fatto attraverso questionari anonimi sui quali il professionista non ha alcun controllo.
È la capillarità del sistema e l’incrocio di dati che credo rappresenti una assoluta peculiarità del mondo anglosassone e una garanzia per il mantenimento di un certo livello qualitativo. Questa maglia di regole che alle volte può risultare anche fastidiosa per noi italiani e’ alla base della società inglese in genere.
Questa è una Società dove le linee guida e i protocolli si applicano ad ogni settore della vita civile il che porta ad un impegno veramente minimo da parte del cittadino…basta seguire le regole.
Le leggi ci sono a tutela della Comunità e vengono applicate e rispettate.
È la certezza del Diritto e la certezza della Pena che da noi viene spesso a mancare.
Questo ha creato un rapporto con le Istituzioni di rispetto da ambo le parti. Non dimentichiamo che questo rimane comunque il Paese della Magna Charta.
D: Da qualche tempo è Presidente del EVRS, European Vitreo-Retinal Society, che conta oltre 1400 iscritti di 69 paesi diversi. Vuole raccontarci questa sua entusiasmante esperienza? Vuole riferire soprattutto alle giovani generazioni di come il contatto con tanti colleghi possa arricchire le conoscenze e modificare positivamente i nostri comportamenti professionali?
R: La European Vitreo Retinal Society (EVRS) nasce nel 2001 con il preciso scopo di diffondere le conoscenze acquisite in questa disciplina contribuendo cosi alla formazione di chirurghi più capaci in grado di migliorare la qualità delle cure erogate al paziente nonché di favorire la ricerca e l’innovazione in questo campo dando a tutti la possibilità di esprimere le proprie idee professionali senza timore di essere giudicati negativamente.
In questi anni EVRS ha assolto questo compito attraverso il proprio Congresso annuale e la Scuola di Chirurgia Vitreo Retinica (la prima in Europa) situata a Brema. La Scuola ha contribuito alla formazione di oltre 1000 professionisti provenienti da ogni angolo del Globo.
Più recentemente, in epoca COVID e post-COVID, abbiamo aggiunto Webinars che si svolgono con cadenza regolare.
Fin dall’inizio partecipai, su invito, a diverse sessioni di chirurgia in diretta organizzate da EVRS a Istanbul, Marrakesh, Cannes ed altre sedi ancora.
Mi fu poi chiesto ed accettai con piacere di fare parte del Board Direttivo. Successivamente fui eletto nel corso degli anni prima come Segretario, poi come Vice Presidente ed infine Presidente carica che detengo dal 2016.
Dirigere una Società di tali dimensioni con il poco tempo a disposizione e navigare le tante difficoltà che inevitabilmente si incontrano, soprattutto durante l’emergenza COVID, non è stato facile. Fortunatamente ho potuto contare, specie in questi ultimi anni, sull’appoggio e l’aiuto incondizionato datomi da un Board Direttivo veramente eccezionale che ha sempre condiviso il mio entusiasmo per la Società e per i progetti da essa portati avanti.
Il contatto quasi quotidiano con specialisti provenienti da ogni parte del mondo e’ stata fonte di continua ispirazione. Non si finisce mai di imparare. Dal punto di vista professionale la diversità geografica permette di vedere casistiche diverse dalle nostre, tecniche nuove, approcci terapeutici innovativi. Ma il contatto con culture tanto diverse dalla nostra permette anche di apprendere lezioni di vita imparando a conoscere ed apprezzare chi è diverso da noi.
D: Quale messaggio sente di inviare ai nostri giovani che stanno per iniziare li percorso professionale nell'Oftalmologia? È sempre necessario ed importante avere un Maestro per arrivare a grandi risultati come lei sicuramente ha raggiunto? C'è differenza tra l'Italia e l'Inghilterra nella formazione e progressione della professione?
R: Si diventa medici per passione. Solo la passione permette di affrontare un cammino lungo e difficile pieno di rinunce e sacrifici. Si diventa Oculisti sapendo che il nostro operato può cambiare drammaticamente la qualità di vita di qualcuno. Il segreto della felicità in campo professionale è mantenere intatta questa passione rimanendo fedeli ai propri ideali nella cura di chi a noi si affida.
Oggi l’accesso all’informazione è diventato molto più facile mediante webinar, chirurgia in diretta, banche immagini e video. Rimane tuttavia di indiscutibile utilità potere avere un contatto diretto con coloro che hanno maggiore esperienza. Ben venga dunque la figura del Mentore o anche più di uno per potere avere diverse prospettive dello stesso argomento e diversi approcci allo stesso problema.
In questo gli inglesi si distinguono ancora una volta per il loro pragmatismo, avendo istituito le Fellowship come parte integrante del percorso formativo.
A questo proposito mi fa piacere ricordare che proprio in questi giorni abbiamo completato la selezione per ricoprire la posizione di Fellow in Chirurgia Vitreo Retinica presso la nostra Struttura e la scelta è ricaduta su un giovane oculista italiano a conferma del valore dei nostri giovani.
Grazie a nome del Direttore Antonello Rapisarda e di tutta la Redazione di Oftalmologiadomani.it per questa intervista. Sicuramente verrà letta con attenzione e curiosità dai nostri lettori.