John Brown Miller
Massachusetts Eye and Ear: Director, Retinal Imaging, Associate Fellowship Director, Vitreoretinal Surgery Fellowship.
Harvard Medical School: Associate Professor of Ophthalmology
John Brown Miller è un professionista di primo piano nel variegato panorama dell’Oftalmologia degli USA. È Direttore dell’Imaging Retinico, Co-Direttore della Fellowship in Vitreoretinal Surgery al Massachusetts Eye and Ear e Professore Associato all’Harvard Medical School di Boston. I suoi interessi professionali si rivolgono verso le patologie vitreretiniche, in particolare nei confronti della degenerazione maculare, della retinopatia diabetica, distacco di retina, occlusioni vascolari e delle patologie traumatiche. Pioniere delle più recenti tecniche di esame e diagnostica per immagini, la sua esperienza si estende con efficacia nella chirurgia retinica, specialmente verso i casi complessi di distacco di retina, lesioni traumatiche, i fori maculari e le membrane epiretiniche. Il suo carattere aperto e naturalmente empatico è particolarmente gradito ai pazienti che da più parti degli Stati Uniti arrivano a Boston per consultarlo o farsi operare. Francesco Romano, brillante giovane oftalmologo che ha svolto a Boston fellowship di ricerca durato oltre un anno, ha fatto da prezioso tramite per questa intervista. Sono certo che troverete interessante e professionalmente stimolante ogni suo passaggio, particolarmente per i giovani verso i quali ogni sforzo di questa Rivista è sempre rivolto.
D: Come prima domanda vorrei che descrivesse brevemente il suo percorso professionale e di studi che ora la vede Direttore dell’Imaging Retinico, Co-Direttore della Vitreoretinal Surgery Fellowship al Massachusetts Eye and Ear, e Professore Associato di Oftalmologia all’Harvard Medical School.
R: Innanzitutto, vorrei esprimere la mia gratitudine al Dott. Amedeo Lucente ed alla Redazione di Oftalmologia Domani per questa opportunità.
Il mio percorso in ambito medico inizia molto tempo fa durante i miei studi presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT), dove non solo ho adempiuto ai miei compiti accademici, ma ho anche praticato il canottaggio a livello semi-professionistico (ride). Successivamente, mi sono trasferito ad Ann Arbor per frequentare la scuola di medicina all'Università del Michigan, dove ho rapidamente scoperto la mia passione per l'oftalmologia, in particolare per le malattie retiniche. Questo percorso mi ha riportato a Boston, dove ho ottenuto la specializzazione in Oftalmologia, seguita da una fellowship di due anni in retina presso il Massachusetts Eye and Ear. Sebbene la selezione fosse estremamente competitiva, scegliere Boston è stata una decisione naturale, poiché è qui che molti sviluppi pionieristici nel campo—come l'OCT, la terapia fotodinamica e le terapie con anti-VEGF—sono stati avanzati grazie a importanti collaborazioni tra Mass Eye and Ear, lo Schepens Eye Research Institute, e l’MIT. È sia un privilegio che una responsabilità adempiere al ruolo di Direttore dell'Imaging Retinico e Co-Direttore della Fellowship di Vitreoretina al Mass Eye and Ear, oltre che come Professore Associato di Oftalmologia presso la Harvard Medical School. Questi ruoli sono stati ottenuti tramite una costante attività di ricerca, in particolare sull'OCTA swept-source, e l'esplorazione di nuovi endpoint funzionali, nonché dalla gestione di casi vitreoretinici complessi. Mass Eye and Ear si è costantemente classificato come il miglior ospedale oftalmico del New England e tra i primi cinque negli Stati Uniti. Essendo l'ospedale accademico di riferimento per una regione così vasta, spesso lavoriamo senza sosta, eseguendo interventi chirurgici d'urgenza a tarda notte durante i turni di reperibilità, per garantire i più alti standard di cura ai nostri pazienti.
D: I suoi campi di studio di maggiore interesse sono la degenerazione maculare senile, la retinopatia diabetica, e le patologie vitreo-retiniche. Può illustrarci quali evoluzioni terapeutiche prevede nel campo delle malattie retiniche, così in aumento nel prossimo futuro?
R: Il campo della ricerca in ambito retinico sta vivendo una continua rivoluzione e probabilmente guida il progresso in Oftalmologia. È difficile riassumere tutti questi sviluppi, ma vorrei evidenziarne alcuni aspetti chiave.
• Questo decennio è senza dubbio segnato dall'introduzione di terapie contro il sistema del complemento per rallentare la progressione dell'atrofia geografica. Nonostante alcune controversie riguardo alla loro efficacia e sicurezza, queste terapie rappresentano un cambiamento significativo in questo ambito. Gli approcci futuri, che sono già in fase di test preliminari, includono i trapianti dell’EPR per le regioni già atrofiche, la rigenerazione dei fotorecettori e interventi per fermare la progressione della degenerazione maculare legata all'età (AMD) nelle fasi più precoci. Per esempio, a Mass Eye and Ear, abbiamo condotto uno studio pilota utilizzando le statine ad alto dosaggio (atorvastatina 80 mg) in pazienti con AMD intermedia, che ha mostrato una regressione delle drusen nella regione foveale in circa il 40% dei casi, suggerendo che intervenire sui pathway metabolici dei lipidi potrebbe essere una terapia aggiuntiva promettente per l'AMD secca.
• Nella wet AMD, abbiamo assistito a significativi progressi con l'approvazione di nuovi farmaci anti-VEGF che permettono di estendere gli intervalli di trattamento mantenendo il controllo della malattia. La ricerca si sta ora orientando verso la prevenzione della fibrosi, che può causare una perdita visiva irreversibile durante il corso della patologia e coinvolge pathway molecolari distinti rispetto alla crescita della lesione neovascolare.
• Un altro obiettivo importante è migliorare la gestione della neurodegenerazione nella retinopatia diabetica. L'estensione a 5 anni del Protocol S del DRCR ha dimostrato che, anche sotto trattamento con anti-VEGF, i pazienti con retinopatia diabetica proliferante che non hanno ricevuto la PRP continuano a sperimentare una perdita significativa del campo visivo. Sia che faccia parte della storia naturale della retinopatia diabetica o sia una conseguenza del trattamento anti-VEGF, rimane un bisogno non ancora soddisfatto che necessita ulteriori accertamenti.
• Nel campo della vitreoretina, stiamo comprendendo meglio la potenziale tossicità retinica dei tamponanti intraoculari attualmente in uso, e mi aspetto che i progressi futuri possano migliorare i risultati funzionali per i nostri pazienti. Allo Schepens Eye Research Institute del Mass Eye and Ear, stiamo anche conducendo esperimenti per prevenire e gestire meglio la proliferative vitreoretinopathy (PVR), una complicazione impegnativa nei pazienti con distacco di retina.
• Infine, mentre affrontiamo molte di queste sfide, prevedo che la terapia genica diventerà sempre più rilevante, sia attraverso l'integrazione di molecole terapeutiche e geni mancanti, sia regolando l'espressione di quelli malfunzionanti.
D: Le nuove tecnologie hanno determinato sicuramente formidabili acquisizioni e fornito numerosi dati prima non conosciuti. Quali evoluzioni prevede nel campo della diagnostica retinica e vitreo-retinica? Quali vantaggi abbiamo avuto dall’imaging Ultra-Widefield? Cosa ci riserva il futuro?
R: Questo è senza dubbio uno degli argomenti più entusiasmanti nel nostro campo (la retina, ndr), e forse il mio preferito! L'imaging ultra-widefield ha davvero trasformato la pratica clinica in una serie di malattie, dalla retinopatia diabetica ai disturbi vitreoretinici. Inizialmente utilizzato solo per la retinografia, si è recentemente espanso a dispositivi OCT-navigati e OCTA swept-source, migliorando significativamente i nostri flussi di lavoro clinici e rendendo più accessibili le diagnosi complesse.
Stiamo attualmente assistendo alla transizione dell'OCTA dall'imaging widefield all'imaging ultra- widefield. Questo cambiamento offre un potenziale enorme per la scoperta di nuovi biomarcatori e la rivalutazione delle malattie retiniche. Esempi chiave sono il rilevamento delle lesioni prevalentemente periferiche (predominantly peripheral lesions, PPL) nella retinopatia diabetica o la capacità di quantificare e monitorare l'indice ischemico nei disturbi vascolari. Guardando al futuro, immagino che l'intelligenza artificiale (IA) rimodellerà radicalmente la nostra pratica clinica, integrando l'imaging multimodale, i dati clinici e i risultati di laboratorio. Prevedo inoltre che altri campi, come la cardiologia e la neurologia, esploreranno sempre più i biomarcatori retinici per una rilevazione precoce delle malattie cardiovascolari e neurodegenerative e per stratificarne il rischio di progressione e/o mortalità. Questo approccio multidisciplinare consentirebbe una gestione ottimizzata e personalizzata di ciascuna condizione, e potrebbe potenzialmente eliminare la necessità di studi di imaging invasivi.
D: La tomografia a coerenza ottica ha permesso una visione pressoché microscopica della neuroretina. La tecnologia SD-OCT sta per essere ormai sostituita dagli SS-OCT. Nuove tecniche come le ottiche adattive, che sembravano dietro l’angolo come prossimo passo nell’imaging retinico, restano ancora riservate a pochi device sperimentali. Vuole svelarci le prossime applicazioni in questo campo così importante nell’Oftalmologia?
R: La costante innovazione nell'imaging retinico è fondamentale per migliorare il percorso diagnostico e consentire un monitoraggio più efficace dei nostri pazienti. Con il rischio di andare contro-corrente, credo che le tecnologie spectral-domain e swept-source continueranno ad essere complementari.
Sebbene l'OCT swept-source offra vantaggi evidenti, l'OCT spectral-domain sta avanzando con dispositivi sperimentali che vantano una risoluzione più elevata, arrivando fino a 2 μm di risoluzione assiale nei tessuti.
Al Mass Eye and Ear, non abbiamo esperienza diretta con le ottiche adattive, ma siamo pionieri nell'imaging iperspettrale della retina. In collaborazione con Optina Diagnostics e grazie al lavoro di un nostro ex-fellow, Francesco (Francesco Romano, ndr), e di un’attuale fellow, la Dr.ssa Xinyi Ding, stiamo esplorando l'imaging iperspettrale per migliorare la visualizzazione dell'atrofia geografica utilizzando delle lunghezze d'onda specifiche. Questa tecnologia ha un grande potenziale, con applicazioni che spaziano dallo screening automatizzato dei disturbi maculari alla mappatura metabolica della retina umana. Siamo entusiasti per i futuri sviluppi in questo campo.
D: Quali sono i suoi futuri obbiettivi di studio e ricerca? Come si svolge la sua giornata di lavoro, e come si compone il suo team di ricerca?
R: La mia agenda settimanale è piuttosto intensa, poiché cerco di bilanciare le responsabilità cliniche—ambulatori e interventi in retina—con la ricerca nell'imaging retinico e, naturalmente, di trovare il tempo per la mia famiglia (ride).
Il nostro laboratorio di imaging è attualmente composto da tre fellow di ricerca, due assistenti di ricerca e tre studenti di medicina che stanno trascorrendo con noi un anno “sabbatico” di ricerca. Collaboriamo regolarmente anche con fellow clinici e gli specializzandi di Mass Eye and Ear, studenti dell'Università di Harvard, il team di metabolomica in AMD (guidato dal Dr. Demetrios Vavvas e dalla Dr.ssa Deeba Husain), e il laboratorio di intelligenza artificiale del Mass Eye and Ear.
Al momento, un focus chiave della nostra ricerca è far progredire le applicazioni dell'intelligenza artificiale nell'imaging retinico. Nonostante la vasta gamma di strumenti AI disponibili, avvertiamo ancora una distanza tra i clinici e gli ingegneri che sviluppano queste tecnologie.
Colmare questo divario attraverso una collaborazione più efficace con esperti di ricerca traslazionale è il nostro prossimo obiettivo, e credo che il Mass Eye and Ear, insieme all'area di Greater Boston, sia in una posizione unica per guidare questo campo grazie alla sua vibrante comunità accademica e di ricerca.
D: Come ultima domanda vorrei che inviasse un messaggio agli oculisti italiani che sempre così numerosi leggono e, con assiduità, seguono la nostra Rivista. In particolare, vorrei che suggerisse qualche consiglio ai giovani che stanno per iniziare la strada così esaltante dello studio dell’Oftalmologia.
R: Quest’ultima domanda è probabilmente la più delicata (ride).
Personalmente, nutro un grande amore per l’Italia - non solo per il suo cibo incredibile, la sua ricca storia e i suoi monumenti mozzafiato - ma anche per i tanti colleghi italiani di talento con cui ho avuto il piacere di lavorare. Dal Prof. Staurenghi, che ha lasciato il segno qui a Boston, a Ciccio (Dr. Francesco Romano), che più recentemente ha contribuito inestimabilmente alla crescita nostro laboratorio di imaging, siamo stati fortunati a collaborare con alcune delle menti più brillanti dell'oftalmologia italiana.
La mentorship è molto apprezzata qui negli Stati Uniti, poiché è nostra responsabilità formare il futuro dell’Oftalmologia.
Per i giovani professionisti che iniziano questo percorso entusiasmante, il mio consiglio è semplice: siate curiosi e non perdete mai la passione per l’apprendimento. Siate instancabili nel cercare nuove conoscenze - non solo dai libri di testo o dai mentori - ma anche ponendovi domande critiche sul vostro campo di interesse.
Non abbiate paura di sfidare i paradigmi esistenti ed esplorare nuove soluzioni.
Sebbene seguire una nuova idea o condurre esperimenti possa essere impegnativo e richiedere del tempo, la ricompensa di vedere il vostro lavoro avere un impatto tangibile sulla cura dei pazienti è inestimabile.
Ognuno di voi ha il potenziale per far progredire il nostro campo—quindi non esitate a perseguire i vostri obiettivi con entusiasmo e fiducia.
Infine, vorrei estendere nuovamente i miei più sinceri ringraziamenti al comitato editoriale di Oftalmologia Domani, ai suoi lettori ed in particolar modo al Dott. Amedeo Lucente per questa opportunità.
Non vedo l’ora di incontrare molti di voi ai prossimi congressi e di continuare il nostro impegno condiviso nel far progredire l’Oftalmologia.
Q: As a first question, Prof. Miller, I would like you to briefly describe your professional and academic journey that has led you to your current roles as Director of Retinal Imaging and Co-Director of the Vitreoretinal Surgery Fellowship at Massachusetts Eye and Ear, and Associate Professor of Ophthalmology at Harvard Medical School.
A: First of all, I would like to express my gratitude to Dr. Amedeo Lucente and the rest of the Editorial Board of Oftalmologia Domani for this opportunity.
My journey in medicine began quite some time ago during my studies at the Massachusetts Institute of Technology (MIT), where I not only pursued my academic tasks but also enjoyed rowing (laughs).
Afterward, I moved to Ann Arbor to attend medical school at the University of Michigan, where I quickly discovered my passion for ophthalmology, particularly for retinal diseases. This led me back to Boston, where I completed my residency in Ophthalmology, followed by a two-year fellowship in retina at Massachusetts Eye and Ear. While the programs were highly competitive, choosing Boston was a natural decision, as this is where many pioneering developments in the field—such as OCT, photodynamic therapy, and anti-VEGF molecules—were either developed or advanced through collaborations with Mass Eye and Ear. It is both a privilege and a responsibility to serve as the Director of Retinal Imaging and Co-Director of the Vitreoretinal Fellowship at Mass Eye, as well as an Associate Professor of Ophthalmology at Harvard Medical School. These roles have been shaped by my research, particularly in swept-source OCTA and the exploration of new functional endpoints, and by managing complex vitreoretinal cases.
Mass Eye and Ear is consistently ranked as the top eye hospital in New England and among the top five in the United States. Serving as the referral academic hospital for such a large region means we often work around the clock, including performing emergency surgeries late at night while on call, to ensure the highest standards of care for our patients.
Q: Your main fields of interest include age-related macular degeneration, diabetic retinopathy, and vitreoretinal diseases. Could you elaborate on the therapeutic advancements you foresee in the field of retinal diseases, which are expected to rise in the near future?
A: The field of retinal research is undergoing a continuous revolution and perhaps leads advancements in ophthalmology. It’s hard to summarize all these developments, but I will highlight a few key areas.
• This decade is undoubtedly marked by the introduction of anti-complement system therapies to slow the progression of geographic atrophy. Despite some controversies regarding their efficacy and safety, these therapies represent a major shift in this area. Future approaches, which are already in early testing, include RPE transplants for already atrophic regions, photoreceptor regeneration, and interventions to halt the progression of AMD at earlier stages. For instance, at Mass Eye and Ear, we conducted a pilot study using high-dose statins (atorvastatin 80 mg) in intermediate AMD patients, which showed drusen regression in the foveal region in about 40% of cases, suggesting that targeting lipid pathways could be a promising adjunct therapy for dry AMD.
• In wet AMD, we’ve seen significant advancements with the approval of new anti-VEGF agents that allow for extended treatment intervals while maintaining disease control. Research is now shifting towards preventing fibrosis, which can cause irreversible vision loss in wet AMD and involves distinct molecular pathways from neovascularization growth.
• Another critical area is addressing neurodegeneration in diabetic retinopathy. The 5-year extension of Protocol S has shown that even with anti-VEGF treatments, patients with proliferative diabetic retinopathy who did not undergo PRP still experience significant visual field loss. Whether part of the natural history of DR or a consequence of anti-VEGF treatment, it remains an unmet need to be addressed.
• In the field of vitreoretinal disorders, we are gaining a better understanding of the potential retinal toxicity of current intraocular tamponades, and I expect future advances to improve functional outcomes for our patients. At the Schepens Eye Research Institute of Mass Eye and Ear, we are also leading research to better prevent and manage proliferative vitreoretinopathy, a challenging complication in retinal detachment patients.
• Lastly, as we address many of these challenges, I foresee gene replacement therapies becoming more prominent, whether through integrating therapeutic molecules and missing genes or regulating the expression of malfunctioning ones.
Q: New technologies have undoubtedly led to remarkable advances and provided numerous (previously unexpected) data. What developments do you foresee in the field of retinal and vitreoretinal diagnostics? What advantages have we gained from Ultra-Widefield Imaging? What does the future hold for us?
A: This is undoubtedly one of the most exciting topics in retina, and perhaps my personal favorite! Ultra-widefield imaging has truly transformed clinical practice across a range of conditions, from diabetic retinopathy to vitreoretinal disorders. While initially used for retinography, it has now expanded to navigated OCT and swept-source OCTA devices, significantly enhancing our clinical workflows and making advanced diagnostics more accessible.
We are currently witnessing OCTA transition from widefield to ultra-widefield imaging. This shift offers immense potential for the discovery of new biomarkers and the re-evaluation of retinal diseases. Prime examples are the detection of predominantly peripheral lesions (PPL) in diabetic retinopathy or the ability to quantify and monitor the ischemic index in vascular disorders. Looking ahead, I envision artificial intelligence (AI) will radically reshape our clinical practice by integrating multimodal imaging, clinical data, and laboratory findings. I also anticipate that other fields, such as cardiology and neurology, will increasingly explore retinal biomarkers for earlier disease detection and risk stratification. This integration would allow for optimized, individualized management of each condition, and potentially eliminate the need for invasive imaging studies altogether.
Q: Optical coherence tomography has provided an almost microscopic view of the neuroretina. Spectral domain technology is now on the verge of being replaced by SS-OCT. New techniques, such as adaptive optics, which seemed to be the next step in retinal imaging, are still limited to a few experimental devices and centers. Could you reveal the upcoming applications in this critical field of Ophthalmology?
A: Innovation in retinal imaging is essential for improving diagnosis and enabling better monitoring of our patients' conditions. I believe that spectral-domain and swept-source technologies will continue to complement each other. While swept-source OCT offers clear advantages, spectral-domain OCT is advancing with experimental devices that boast higher resolution, reaching up to 2 μm of axial resolution in tissue.
At Mass Eye and Ear, we don’t have direct experience with adaptive optics, but we are pioneers in hyperspectral retinal imaging. In collaboration with Optina Diagnostics and through the efforts of our previous fellow, Francesco, and our current fellow, Dr. Ding, we are exploring hyperspectral imaging to enhance the visualization of geographic atrophy using specific wavelength sequences. This technology holds great promise, with potential applications ranging from automated screening of macular disorders to metabolic mapping of the human retina. We are excited about the future developments in this area.
Q: What are your future study and research objectives? How does your workday unfold, and how is your research team structured?
A: My weekly schedule is quite intense, as I try to balance clinical responsibilities—retina clinics and surgeries—with ongoing research in retinal imaging, and of course, making time for my family (laughs).
Our retinal imaging lab is currently composed of three research fellows, two research assistants, and three medical students who are spending their research year with us. We also collaborate regularly with clinical fellows and residents from Mass Eye, undergraduate students from Harvard University, the AMD Biomarkers team led by Dr Vavvas and Dr. Husain, and the AI lab at Mass Eye and Ear.
At the moment, a key focus of our research is advancing AI applications in retinal imaging. Despite the wide range of AI tools available, we still sense a gap between clinicians and the engineers who develop these technologies. Bridging this gap through more effective collaboratio with translational experts is our next goal, and I believe that Mass Eye and Ear, along with the Greater Boston area, is uniquely positioned to lead in this area thanks to its vibrant academic and research community.
Q: As a final question, I would like you to send a message to the many Italian ophthalmologists who regularly read and closely follow our Journal. In particular, could you offer some advice to young professionals who are about to embark on the exciting path of studying Ophthalmology?
A: This last question is probably the most delicate one (laughs).
I personally have a great love for Italy—not only for its incredible food, rich history, and stunning monuments—but also for the many talented Italian colleagues I’ve had the pleasure to work with. From Prof. Staurenghi, who has built a lasting legacy here in Boston, to Ciccio (Dr. Francesco Romano), who recently made invaluable contributions to our lab, I’ve been fortunate to collaborate with some of the finest minds in Italian ophthalmology.
Mentorship is highly valued here in the United States, as it’s our responsibility to shape the future of Ophthalmology. For young professionals starting this exciting path, my advice is simple: stay curious and never lose your passion for learning. Be relentless in seeking new knowledge—not just from textbooks or mentors – but also by asking critical questions about your field of interest. Don’t be afraid to challenge existing paradigms and explore new solutions.
While following a new idea or conducting experiments can be demanding and time-consuming, the reward of seeing your work make a tangible impact on patient care is beyond measure.
Each of you has the potential to push the field forward—so don’t hesitate to pursue your goals with enthusiasm and confidence.
Last, I would like to extend my sincere thanks to the editorial board of Oftalmologia Domani, their readers, and in particular Dr. Amedeo Lucente for this opportunity. I look forward to seeing many of you at upcoming meetings and continuing our shared commitment to advancing Ophthalmology.