Amedeo Lucente
Oculista Libero Professionista

Cosa leggerete in questa edizione

Questo secondo quadrimestre di oftalmologiadomani.it, a cavallo delle ferie estive, si apre, come al solito, con le due interviste, nazionale e internazionale, a colleghi di chiara fama e rinomato prestigio: Charles Anthony Martorana e Athanasios Nikolakopoulos. Entrambi i colloqui sono stati cordiali, accattivanti, pieni di risvolti professionali, a tratti con accenti del tutto personali. Le loro risposte, sempre schiette e dirette, portano il lettore a ripercorrere personali esperienze, tappe professionali, a condividere difficoltà sempre presenti e i successi, prevalenti e del tutto appaganti per entrambi gli intervistati.
Il dialogo che ne è scaturito, come spesso succede nelle nostre interviste, invita tutti a fare di più e meglio. I tanti moniti e propositi che la lettura ispira sono particolarmente validi e forieri di proficui incipit per le nuove generazioni.
Molto del lavoro e dell’impegno profuso in questa Rivista è ispirato e intenzionalmente rivolto proprio ai giovani. Il direttore e fondatore Antonello Rapisarda, e io con lui, a tale fine lavoriamo e, con fiducia, a tanto aspiriamo. Le preziose informazioni e le tante considerazioni degli articoli e news che gli esperti colleghi hanno inviato, ci incoraggiano nel difficile compito della divulgazione scientifica, e fanno ben sperare per il futuro. Sicuramente ripagano noi della redazione di tante fatiche e ci incoraggiano, a fronte di ogni sforzo, a perseverare sulla strada che Costantino Bianchi, già dal 2010, con chiara e intuitiva lungimiranza aveva indicato e, sapientemente, tracciato.

Si apre in questo numero, a cura di MYCOgroup, una nuova sezione dedicata alla discussione di casi clinici complessi, particolari, misteriosi… Mystery Cases per l’appunto.
Il MYCOgroup nasce nel 2015 per iniziativa di Emanuela Interlandi, Responsabile della Unità Uveiti, Ospedale del Mare di Napoli e di Francesco Pellegrini, Responsabile della Unità di Neuroftalmologia, Ospedale di Pordenone.
L’idea è stata quella di creare veri e propri spazi scientifici dove favorire incontri di esperienze e confronti di opinioni. Con Vincenzo Scorcia, Direttore UOC Oculistica, Università di Catanzaro come Presidente, Roberto dell’Omo, Direttore UOC Oculistica, Università del Molise e Massimiliano Serafino, Direttore UOC Oculistica, Istituto Gaslini di Genova come collaboratori, il gruppo ha richiesto ed ottenuto gradita e immediata ospitalità sulla nostra Rivista.
Il caso descritto, essendo misterioso, mi astengo dal commentarlo, lasciando al lettore gli apprezzamenti per come è stato trattato e originalmente discusso.

Raffaele Raimondi ci introduce nel tema tanto difficile quanto affascinante della riabilitazione visiva. La degenerazione maculare legata all’età è la principale causa di perdita della visione nella popolazione sopra i cinquanta anni nei paesi industrializzati. Le nuove terapie iniettive monoclonali aprono rinnovate speranze verso un rallentamento della progressione della lesione. I soggetti affetti dalle forme avanzate in stadio fibrovascolare hanno tuttavia poche speranze oltre gli ausili per ipovisione. La possibilità di impiantare un telescopio miniaturizzato, in contemporanea alla chirurgia della cataratta, sembra una strada praticabile, un percorso razionale.
Nell’Unità Operativa di Oftalmologia Humanitas Castelli-Gavazzeni di Bergamo, sapientemente diretta da Mario Romano, si è utilizzato l’IMT Implantable Miniature Telescope, dispositivo ottico intraoculare che ha dimostrato efficacia nel migliorare l’acuità visiva nei pazienti affetti da scotoma centrale bilaterale per maculopatie avanzate nel breve e lungo termine. SING IMT Small incision New Generation Implantable Miniature Telescope di Samsara Vision, ultima versione più aggiornata del device, diminuisce le aberrazioni ottiche, di riferimento in questo lavoro, proposte per verificare la qualità della visione. Una volta all'interno del sacco capsulare, il punto focale si sposta sulle regioni retiniche non interessate dalla degenerazione, con risultati funzionali estremamente incoraggianti.
Grazie Raffaele Raimondi e collaboratori; un plauso particolare a Mario Romano per questo innovativo contributo, che apre nuove strade tanto richieste quanto auspicate da chi, con ormai poche speranze, spera sempre di migliorare la propria visione.

Giuseppe Giannaccare e collaboratori ci parlano della sindrome dell’occhio secco. Questa diffusa condizione cronica multifattoriale, con sintomi che influenzano le attività quotidiane e la qualità della vita, non trova sempre risposte adeguate nella terapia farmacologica. Si cercano alternative utilizzando dispositivi He-Tech che permettono il riscaldamento delle palpebre e/o il loro massaggio. Inoltre l’utilizzo della luce pulsata o di impulsi elettrici controllati possono offrire soluzioni alternative non invasive anche a lungo termine. Promettenti risultati sono ottenibili dopo alcune applicazioni; nei casi più severi di Dry Eye tuttavia i sostituti lacrimali continuano ad essere necessari.
Giuseppe, che ha superato le oltre duecento pubblicazioni scientifiche e con un alto profilo nel mondo accademico, riesce sapientemente a descrivere queste nuove possibilità terapeutiche che si avvalgono di devices di ultima generazione, non trascurando le esigenze individuali dei pazienti sempre più numerosi, troppo spesso insoddisfatti di instillare e cambiare, senza evidente soggettivo sollievo, innumerevoli sostituti lacrimali.

Marco Pellegrini dell’Unità di Oculistica, Ospedali Privati Forlì “Villa Igea”, con Luca Zambianchi del Dipartimento di Medicina Traslazionale e per la Romagna, Università degli Studi di Ferrara, ci descrivono un “case report” di una paziente che, dopo intervento di cataratta complicato da rottura della capsula posteriore e impianto di IOL a tre pezzi nel solco, è arrivata alla loro osservazione con dislocazione della IOL in cavità vitrea. La fissazione della IOL dislocata è stata eseguita con due trocar da 27 gauge inseriti ad ore 3 ed ore 9. La tecnica descritta rappresenta un metodo semplice, sicuro ed efficace per la fissazione sclerale di IOL in camera vitrea. Le alternative chirurgiche proposte in letteratura sono molteplici negli impianti senza sostegno capsulare. Ma quando la IOL è in camera vitrea ottimizzare i tempi non è solo un’opzione, ma spesso una necessità.
Grazie a Marco e a Luca per l’interessante caso chirurgico proposto; la vostra dedizione e predilezione per la chirurgia vitreo-retinica traspare chiaramente anche in questa occasione.

Emanuele Siotto Pintor, Davide Turco, Cosimo Belcastro, coordinati dall’instancabile Giuseppe Vadalà, ci propongono una revisione della letteratura sulla chirurgia 3D in Oftalmoplastica, alla luce della loro pluriennale esperienza in questo campo.
La presidenza della SICOP, Società Italiana Chirurgia Oftalmoplastica, ricoperta da Giuseppe, testimonia il suo profilo nazionale e il riconosciuto impegno in questo apparentemente facile settore dell’Oftalmologia. L’uso di apparecchiature 3D ha dimostrato numerosi vantaggi anche in questa branca in termini di insegnamento, visualizzazione, diagnostica intraoperatoria e, soprattutto, per l’ergonomicità del chirurgo.
Con la chirurgia 3D si possono ridurre i rischi di alterazioni cervicali e lombari, tributo fisico che non solo gli oculisti subiscono nello svolgimento della loro attività operatoria. La dedizione del medico verso il paziente si manifesta anche con il sacrificio personale, spesso misconosciuto al grande pubblico, e del tutto sottovalutato da chi, a volte con disinvoltura, deve giudicare in eventuali contenziosi legali.
I limiti di questa nuova chirurgia sono dovuti essenzialmente al posizionamento del display, non sempre di fronte al chirurgo. Gli alti costi rappresentano un secondo importante limite all’utilizzo della 3D; l’Oftalmoplastica non si sottrae a questa mannaia economica.
L’esperienza degli autori, concorde con la letteratura, è stata esaltante e promettente; i risultati chirurgici finali ne hanno tratto sicuro vantaggio.
Grazie ad Emanuele, Davide, Cosimo e a Giuseppe per questo prezioso contributo.

Daniela Bacherini con Cristina Nicolosi, Clara Rizzo, Francesco Faraldi e Fabrizio Giansanti, sotto la sapiente guida di Gianni Virgili a Firenze, e del suo Mentore e Maestro Stanislao Rizzo a Roma, ci introduce, con sapienza e dottrina, nello studio della retina periferica con imaging widefield ed ultra-widefield.
Il fine di questo studio è stato la valutazione delle degenerazioni retiniche periferiche con OCT Swept Source ultra-widefield, utilizzando una piattaforma multimodale d’imaging UWF (Optos Silverstone), allo scopo utilmente predisposta.
Lo studio retrospettivo osservazionale trasversale ha coinvolto 34 occhi di 30 pazienti con vario tipo di degenerazioni retiniche periferiche. Tutti sono stati sottoposti ad esame del fondo oculare in midriasi ed imaging multimodale, in particolare a scansioni Swept Source OCT. La tomografia di queste lesioni ha consentito di trovare la presenza di trazioni vitreoretiniche, fluido intra o sottoretinico, e/o la coesistenza di fori retinici associati, tutte lesioni altrimenti misconosciute alla semplice osservazione. I dati strutturali ottenuti hanno influenzato la condotta terapeutica verso un trattamento laser profilattico invece della semplice osservazione nel 34% degli occhi.
Da questo studio si evince che la caratterizzazione delle degenerazioni retiniche periferiche con OCT Swept Source ultra-widefield fornisce informazioni sicuramente utili, e svolge un ruolo importante, a volte indispensabile, nel processo terapeutico decisionale.
Grazie a Cristina, Clara, Francesco, Fabrizio e non per ultimo a Daniela per questo contributo, che acquista ancor più valore e importanza perché condiviso e sottoscritto da colleghi tanto esperti quanto di chiara e rinomata fama nel panorama dell’Oftalmologia non solo nazionale.

Per quanto mi riguarda, l’articolo proposto muove dall’esigenza di dare un utile e necessario “Alert” sulle misurazioni retiniche lineari e di area con l’imaging ultra-widefield. L’utilizzo sempre più frequente di questa nuova e recente modalità d’imaging a grande campo nella fotografia retinica e non solo, apre strade ancora non del tutto esplorate, con fruttuose prospettive nella diagnosi e follow-up delle patologie corio-retiniche. Aver evidenziato errori nelle misure geometriche lineari e di superficie su aree retiniche periferiche con l’ultra-widefield imaging è argomento di assoluta utilità, senza ancora rilievi in letteratura. Indicare alcune utili soluzioni ci è parso utile, di sicuro rilievo nella pratica clinica e nella diagnosi. Si sono pertanto opportunamente descritte le discrepanze rilevate, proponendo correzioni ed integrazioni da implementare nei software dei device fotografici e/o angiografici widefield e ultra-widefield.
I quattro casi descritti riguardano aree retiniche periferiche fotografate con imaging ultra-widefield. I primi due riguardono fori retinici giganti periferici, di raro ed eccezionale riscontro nella pratica clinica; un terzo caso riguarda un focolaio corio-retinico in un giovane paziente con recidiva di toxoplasmosi retinica multi-spot; l’ultimo caso riguarda un’area di iperplasia dell’epitelio pigmentato retinico occasionalmente osservata in paziente asintomatico.
Le misure retiniche effettuate, sia lineari che di superficie, mostrano risultati numerici discordanti tra la modalità one shot e multi shots, tra l’imaging effettuato in automatismo o semiautomatismo. Tali rilevi, non rilevati in letteratura, hanno suggerito una ragionevole disquisizione sulla genesi tecnica dell’errore riscontrato. Nell’ultima parte si propongono alcuni rimedi per eliminare le incongruenze emerse. Le disparità di misura lineari e di area rilevate, se misconosciute, inevitabilmente inducono valutazioni imprecise in fase diagnostica, e potrebbero risultare pericolose nel follow-up a medio/lungo termine.

Accogliamo in questo numero un contributo di uno studio di Sofia Pece sulla pandemia Covid-19, risultato della tesi per il Master svolto con successo alla IE School of Human Sciences and Technology di Madrid. La IE Business School è una Scuola Universitaria con specializzazione in management e finanza, che rilascia lauree di secondo livello e MBA con sede a Madrid, nel “Barrio de Salamanca”; con una superficie totale di circa 28.000 m² è tra le più prestigiose d’Europa.
Questa nuova finestra di dialogo vuole aprirsi e trattare contributi, anche non nazionali e non circoscritti al mondo dell’oftalmologia, per allargare le nostre conoscenze e offrire ai lettori scenari culturali che altrimenti potrebbero rimanere inesplorati.
Sofia Pece, in collaborazione con altri colleghi, riapre il triste scenario della pandemia che speriamo esserci lasciati ormai alle spalle. Per il mondo sanitario la pandemia del 2020 è stata un evento devastante con milioni di morti, assolutamente imprevisto e imprevedibile. L’assoluta impreparazione delle organizzazioni sanitarie a livello nazionale e globale, e la mancanza di una visione nell’affrontare al meglio il problema, ha messo in discussione, a molti livelli, le risposte assistenziali che siamo in grado di offrire a nostra tutela e protezione. Nuovi mezzi come l'Intelligenza Artificiale AI cambieranno in futuro profondamente il sistema sanitario.
Il progetto proposto da Sofia, accuratamente descritto, ipotizza uno scenario di possibili nuove pandemie negli anni 2030, 2050, 2070, suggerendo diverse soluzioni per non incorrere negli stessi errori, tanto devastanti quanto sconvolgenti.
Questo contributo, che speriamo possa essere seguito da altri, ha ulteriore valore perché proveniente da esperienze di studio condivise da più colleghi e vissute all’estero.
Congratulazioni a Sofia e al padre Alfredo, apprezzato e conosciutissimo illustre nostro collega.

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