Cosa leggerete in questa edizione
Questo terzo e ultimo quadrimestre 2023 di Oftalmologiadomani.it si apre con l’intervista nazionale dedicata al Senatore Giovanni Satta e quella internazionale a Shlomo Melamed.
È la prima volta che ci interfacciamo con uomo politico e collega, con un amico che riveste un alto ruolo istituzionale. Io ed Antonello Rapisarda non ci siamo fatti sfuggire l’occasione, quest’opportunità esclusiva per i nostri lettori.
La lettura delle domande e delle risposte permetterà di entrare nel mondo del Parlamento italiano, avvertito spesso come Organismo Istituzionale lontano, estraneo dal nostro mondo.
Giovanni, caro amico da tempo, rappresenta per l’Oftalmologia italiana un punto di contatto, di congiunzione con le istituzioni, un prezioso tramite per far sentire la nostra voce nelle alte sfere.
È una novità che spero possa essere apprezzata.
Passando al quadro internazionale, Shlomo Melamed, uno dei principali opinion leader mondiali sul glaucoma, riesce ad affascinarci e a coinvolgerci.
Ringrazio Marco Nardi per aver permesso questa intervista, presentando le nostre credenziali immediatamente accolte.
Come spesso accade con le grandi personalità, Shlomo parla con linguaggio semplice delle sue passioni e dei progetti che hanno animato ed animano le sue prospettive professionali.
Mai come in questo momento storico si apre anche così uno squarcio sul mondo tanto travagliato d’Israele, terra promessa per gli ebrei esuli della Seconda Guerra Mondiale, e terra ritenuta come propria dal popolo palestinese, oggi infiammata da una nuova imprevista e sanguinosa guerra.
Francesca Frongia e Valentina Carta, coordinate da Enrico Peiretti, ci propongono uno studio prospettico multicentrico condotto tra il loro Reparto, l'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Cagliari e l'IRCCS, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma.
Venti occhi affetti da distacco retinico con rotture singole o multiple nei meridiani superiori sono stati arruolati e sottoposti a vitrectomia a due porte con 25 gauge, rimozione localizzata del vitreo intorno alle rotture retiniche, iniezione di SF6 al 20% e crioretinopessia.
La miglior acuità visiva corretta (BCVA) è stata misurata alla prima valutazione e dopo 6 mesi dall'intervento. Il successo anatomico primarioa 6 mesi è stato del 85%, le complicanze del 15%, il tempo medio d’esecuzione chirurgica di 8,61 ± 2,16 minuti. Il vitreo svolge un ruolo importante nell'omeostasi meccanica e molecolare dell'occhio.
La “Dry Vitrectomy” a due vie senza infusione e idratazione vitreale con drenaggio del liquido sottoretinico attraverso la rottura stessa proposta da Enrico Peiretti ha il vantaggio di essere rapida, con minori incisioni, minima manipolazione vitreale e conseguente riduzione della risposta infiammatoria, immediata e nel follow-up.
Mai come in questo caso vale la massima latina “Medicus curat, natura sanat”.
Grazie ad Enrico e alla sua equipe per l’innovativo contributo che rafforza la linea della chirurgia mininvasiva anche per il distacco retinico.
Paolo Giuseppe Limoli e Marcella Nebbioso propongono uno studio sulle potenziali linee guida per l’intervento di facoemulsificazione nel paziente ipovedente e norme di riabilitazione visiva.
Giuseppe, che da tempo si dedica con passione a questo argomento, riafferma e ci indica il percorso della riabilitazione visiva finalizzata a migliorare o ripristinare le capacità visive di un individuo ipovedente.
Supportare le attività quotidiane di questi pazienti nella sfera sociale e lavorativa deve essere il fine da perseguire.
L'intervento di cataratta ha un impatto positivo sulla qualità di vita di questi pazienti nella maggior parte dei casi; tuttavia costituisce spesso un punto di discussione e di perplessità diffusamente avvertito.
La scelta della IOL con eventuale ipercorrezione se necessaria, insieme alla precisa conoscenza del quadro angio-tomografico retinico prima e dopo l'intervento, permettono un più corretto percorso nel decidere se intervenire.
Prospettare la possibilità di risultati non soddisfacenti o di una riattivazione della maculopatia causa dell’ipovisione è, tuttavia, una decisione consigliabile, opportuna e necessaria ai fini legali.
L’articolo si conclude sottolineando l’importanza del monitoraggio nel periodo post intervento come prevenzione primaria specie nei primi 6 mesi, intervenendo precocemente in caso di neovascolarizzazione.
Grazie a Giuseppe e a Marcella per il loro prezioso contributo.
Giuseppe Lo Giudice, Alessandro Galan e Irene Gattazzo ci propongono un’interessante Review sulla terapia chirurgica delle patologie retiniche maculari.
La chirurgia della retina è cambiata radicalmente con nuovi approcci anche per la regione maculare.
Il trapianto autologo dell’epitelio pigmentato retinico è rimasto per molto tempo solo un’opzione terapeutica per l’AMD in fase avanzata.
Le nuove via di somministrazione, la possibilità di terapia genica e l’utilizzo di device a lento rilascio permetteranno nuove possibilità terapeutiche per le maculopatie degenerative, potendo interrompere l’inesorabile evoluzione di queste patologie.
Gli autori discutono ed evidenziano, con dettagliata cura, le molte novità recentemente introdotte, mettendo sul tappeto le problematiche ancora da affrontare nelle maculopatie retiniche.
Concludono la loro breve ma efficace Review con ottimismo, suffragato dai risultati che i nuovi approcci chirurgici stanno offrendo.
Un grazie a Giuseppe, Alessandro e Irene per il loro contributo, sicuramente apprezzato dai nostri lettori.
Guido Giannecchini e suo figlio Iacopo portano alla nostra attenzione un caso di chiusura spontanea di un foro maculare idiopatico al II stadio in una donna di anni 57.
La pandemia Covid 19 aveva obbligato a dilazionare la data dell’intervento. Dopo circa sei mesi un nuovo esame OCT pre-operatorio dimostrava inaspettatamente la chiusura spontanea del foro, il ripristino della normale anatomia maculare e il miglioramento netto della acuità visiva.
Favorevole e palpabile furono lo stupore della paziente così come la perplessità dei chirurghi che si apprestavano ad intervenire.
Gli autori discutono sulla formazione del foro maculare e sulle cause, molto più nebulose, che ne favorirebbero la rara ma possibile spontanea chiusura.
Gli autori propongono di prolungare l’osservazione di qualche mese prima dell’intervento, specie in condizioni di relativa stabilità funzionale e tomografica. Questo consiglio credo possa essere accolto e condiviso con ogni favorevole auspicio.
Grazie caro Guido e i migliori auguri per la carriera di tuo figlio Iacopo.
Roberto dell'Omo, con una impegnata schiera di collaboratori delle Università di Firenze, Roma e Napoli, oltre che di Campobasso, ci parla dei biomarcatori dei residui della corteccia vitreale negli occhi con distacco retinico regmatogeno primario.
Lo scopo di questo studio è di identificare eventuali biomarcatori preoperatori dei residui della corteccia vitreale, identificati con l’acronimo VCRs.
Sono stati indagati 35 occhi trattati con vitrectomia pars plana (PPV) con OCT ed ecografia B-scan preoperatoriamente per studiare l'interfaccia vitreo-retinica e la corteccia vitreale.
Le immagini acquisite prima dell'intervento sono state confrontate durante l’intervento e nel post-operatio a 1, 3 e 6 mesi.
Gli autori hanno riscontrato la presenza di VCRs maculari (mVCRs) e periferici (pVCRs) intraoperatoriamente rispettivamente nel 56,8% e nel 52,9% degli occhi.
Prima dell'intervento, uno strato iperriflettente preretinico (PHL) e un aspetto a dente di sega della superficie retinica (SRS) sono stati identificati con l'OCT rispettivamente nel 72,6% e nel 65% degli occhi.
Le sezioni ecografiche statiche e cinetiche presentavano il "segno del rivestimento/lining sign" nel 51,8% dei casi, testimone dell’esistenza di corteccia vitreale parallela alla retina distaccata. Gli autori concludono che PHL e SRS all’esame OCT ed il "lining sign" all’ecografia sembrano essere utili biomarcatori preoperatori della presenza intraoperatoria di VCRs e che l'identificazione preoperatoria di questo biomarcatore può aiutare a pianificare la strategia operatoria negli occhi con RRD.
La grande passione per la patologia vitreoretinica traspare chiaramente da questo articolo.
Grazie Roberto; hai saputo continuare e valorizzare quanto già tracciato con lungimiranza da tuo padre Ermanno, grande pioniere negli Anni Ottanta di questa chirurgia, e mio carissimo amico.
Per quel che mi riguarda, lo scopo del mio articolo è quello di sollecitare una rivalutazione dello spessore corneale come indice di valutazione del tono oculare.
Il dato pachimetrico incrementale tra area ottica e periferica mi è sembrato un buon motivo. Come questo spessore renda la cornea più o meno flessibile alle sollecitazioni esterne idonee per una misura indiretta della tensione endoculare è, oltre tutto, un dato nuovo, di non riscontro in letteratura.
Faccio seguito al mio studio del 2004 che è approdato al rilascio di un brevetto nazionale ed internazionale sul progetto di un metodo tonometrico che tenesse conto di spessore e curvatura corneale. Oltre ad una review della passata letteratura, presento uno studio su 40 occhi di 20 soggetti. Si evince la disparità di spessore corneale tra periferia e centro nei due gruppi.
Lontano dal voler trarre facili conclusioni, approntare tabelle di conversione o ricavare rapporti fissi tra tono oculare e pachimetria corneale incrementale, lo studio, pur se limitato ed iniziale, suggerisce alcune considerazioni che spero possano essere foriere di approfondimenti, riscontri e proficue riflessioni.
Un ringraziamento non formale ma sostanziale va al lavoro svolto da Luigi Bruno e Emanuele Sgamibitterra del Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Energetica e Gestionale, Università della Calabria, Rende (CS) per la loro compiuta elaborazione statistica e per il necessario supporto biomeccanico ricevuto nella stesura dell’articolo.
Continuando nel percorso di dialogo verso contributi nazionali ed internazionali non circoscritti direttamente al mondo dell’oftalmologia, nello scopo di allargare le nostre conoscenze e offrire ai lettori scenari culturali che altrimenti potrebbero rimanere inesplorati, ho chiesto la collaborazione di Ciro Costagliola che ringrazio, per contattare Ferdinando Carlo Sasso, Professore Ordinario di Medicina Interna, Università degli Studi della Campania "Luigi Vanvitelli" di Caserta.
Con i suoi collaboratori ci parla del diabete e della retinopatia diabetica vista dall’internista. Principale causa di cecità tra gli adulti in età lavorativa, la retinopatia diabetica è una vera epidemia che necessita di un approccio multidisciplinare, combinato tra oftalmologo e diabetologo.
La lettura di questo articolo ci arricchisce e ci sollecita ad auspicare un corretto controllo dei fattori di rischio per allontanare le complicanze retiniche ed attuare un più efficace trattamento, e riafferma il valore della collaborazione multidisciplinare nelle malattie complesse come il diabete.
Grazie a Ciro per la collaborazione e un ringraziamento particolare al professor Sasso per essere intervenuto.