LE INTERVISTE DI OFTALMOLOGIA DOMANI

a cura di



Amedeo Lucente
Oculista Libero Professionista

Il mestiere del giornalista è più impegnativo di quello che pensavo. Le difficoltà aumentano nel caso di una Rivista scientifica, nel giornalismo specializzato. Si ha il doppio compito di dire cose esatte, verifificabili, e scrivere in modo da esser letti, da risultare interessanti.
Nel campo delle interviste esiste inoltre la concreta possibilità di essere banali, accondiscendenti o, al contrario, troppo impertinenti: si devono fare i conti con i dati da rispettare e le sensibilità personali da non scalfire. Gli intervenuti su queste pagine sono ormai tanti, con articoli, focus e review.

Nelle interviste si è cercato di dare sempre un taglio schietto, indagando le personali inclinazioni non solo professionali di colleghi particolarmente preparati, riconosciuti ed apprezzati nella comunità scientifica. Credo che se di efficacia della carta scritta si deve parlare, ora online, sia opportuno prescindere da suggestive intenzionalità maieutiche e restare, pià correttamente, nel perimetro delle curiosità, delle novità, della più rigorosa scientificità. La rivista nel tempo è diventata un punto di lettura privilegiato nel panorama variegato dell’Oftalmologia italiana, di consultazione, di efficace approfondimento.

Anche per questo anno la lista dei colleghi che saranno invitati per un loro contributo è lunga. A tal fine gli argomenti sono individuati per tempo, con la partecipazione attiva dei singoli colleghi. L’arrivo della Rivista alle mail personali di oltre 6500 contatti è, come si può comprendere, una vera comodità, una possibilità sempre usufruibile. Abbiamo una percentuale di apertura dei file d’invio del 60/70%.

Circa trecento sono stati gli interventi pubblicati dal 2010: si è cercato di continuare la linea netta e marcata tracciata dal nostro fondatore, il compianto Costantino Bianchi, che con Antonello per questa avventura giornalistica si erano spesi sin dall’inizio senza lesinare sforzi e impegni. Il testimone è passato di mano senza perdere la freschezza, la lungimiranza giornalistica e l'iniziale fine divulgativo. Ciò è stato possibile grazie alle peculiarità caratteriali di Antonello Rapisarda, che cercano l’inclusione e la valorizzazione delle qualità dei colleghi.

In questo momento storico tanto travagliato dell’Oftalmologia in Italia, avere punti fermi è quanto mai importante, assolutamente salutare.
Del resto i colleghi non aspettano altro che camminare su un’unica strada, condividere gli stessi obbiettivi, essere nuovamente un’unica famiglia. Fruttuosi tentativi verso questi fini sono in essere.

Tutti noi possiamo contribuire alla loro riuscita; ognuno può fare la sua parte, essere artefice di questo grande progetto. Nessuno può stare ad aspettare, restare alla finestra a guardare gli eventi passivamente.
Questa Rivista con ogni sforzo ed auspicio spera nella riviviscenza di uno spirito unitario, che generi una sommossa d’orgoglio per la palingenesi dell’Oftalmologia italiana.

Una buona lettura.


Dott. Charles Anthony Martorana
Direttore U.O.C. Ospedale San Giovanni di Dio, Agrigento
Direttore U.O. Oculistica Ospedale Giovanni Paolo II, Sciacca (AG)

D: Con Antonello Rapisarda all’ultimo Congresso della Società Oftalmologica Siciliana svoltosi con gran successo ad Agrigento l’ultima settimana di aprile 2023, all’unisono ed istintivamente, abbiamo avuto la stessa idea: invitarla per l’intervista di questo quadrimestre. Il fascino irresistibile della Valle dei Templi e della falesia di marna bianca della Scala dei Turchi che spunta a picco sul mare lungo la costa di Realmonte, hanno coronato un evento scientifico che lei, non senza la sapiente regia del Presidente SOSi Antonino Pioppo e del Segretario Pietro Colosi, ha aiutato a portare a un livello veramente ragguardevole. 10 cataratte di cui 5 con Femto-Laser e 4 interventi combinati cataratta-retina, tutti eseguiti con maestria in diretta dalle sale operatorie dell’Ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento che dirige, hanno completato un programma scientifico ricco di spunti e novità.
Come si organizza una live surgery di livello e di successo? Come deve “girare” oggi una sala operatoria di oftalmologia?

R: Intanto desidero ringraziarvi per avermi voluto intervistare per Oftalmologia Domani, una rivista di cui sono un avido lettore. Certamente non è facile organizzare una live surgery di successo.
Durante la Live Surgery nulla può essere improvvisato e tutto deve essere programmato con largo anticipo. Innanzitutto occorre avere ben chiari tre punti:

  • il paziente deve ricever una chirurgia di eccellenza;
  • occorre far sentire a proprio agio il chirurgo durante l’intervento al fine di massimizzare il suo rendimento;
  • occorre trasmettere un messaggio educativo a coloro che sono presenti in aula.
Dietro ogni live surgery vi è un grande lavoro di squadra che inizia proprio in Consiglio direttivo che stabilisce il tema del congresso che quest’anno alla S.O.Si. è stato “La Moderna Chirurgia della Cataratta”. Poi bisogna confezionare una sessione chirurgica che rispetti il messaggio educativo che il Consiglio direttivo vuole trasmettere all’uditorio.
Pertanto è necessario confrontarsi e coinvolgere le Industrie del settore che hanno messo a disposizione le loro tecnologie e il loro personale di supporto e che forniscono una lista di key users dei loro strumenti. Da questa lista il Consiglio direttivo seleziona i chirurghi. A questo punto occorre contattare i singoli chirurghi e comunicare il messaggio educativo che dovranno trasmettere nel corso della Live Surgery. A questo punto vengono selezionati i pazienti. Nel caso specifico del Congresso S.O.Si. tenutosi ad Agrigento, per ogni chirurgia della cataratta sono stati selezionati tre pazienti in modo da consentire al chirurgo di selezionare nel giorno dell’intervento il caso che reputa confacente. Le industrie devono allora provvedere alla consegna degli strumenti (durante la S.O.Si 2 femtolaser, 8 facoemulsificatori, 5 vitrectomi e 2 microscopi operatori) e poi di tutto il materiale di consumo. Viene stilata la lista operatoria con la sequenza dei chirurghi e i relativi orari e poi le attrezzature vengono posizionate nelle due sale operatorie. Il personale prepara per ciascuna procedura una cesta contenente tutto il materiale di consumo occorrente per l’intervento. Vengono montate telecamere e microfoni e tutto viene controllato.
Il giorno della live surgery il chirurgo seleziona fra i tre pazienti preparati quello che verrà operato durante la live surgery mentre terminata la chirurgia i pazienti divenuti “riserve” vengono operati in una terza sala operatoria da parte dei medici della mia U.O.C.
È pleonastico sottolineare che giornalmente nelle mie sale operatorie (2 ad Agrigento e 2 a Sciacca) vengono svolte più di 40 interventi di cataratta e una decina di altri interventi per cui il personale infermieristico ed il personale medico è abituato a sostenere certi ritmi. Durante la Live surgery il compito degli infermieri però va oltre in quanto devono fare sentire al proprio agio il chirurgo, devono fornirgli qualunque cosa che occorre e devono ridurre al minimo la sensazione di stress e di ansia dell’operatore.

D: L'Unità Operativa di Oculistica del Giovanni Paolo II di Sciacca già nel 2014 superava 4000 interventi l’anno, al primo posto tra le strutture ospedaliere in Sicilia. Dal Febbraio 2023 gli Ospedali di Agrigento e Sciacca sono stati dotati del Femto-Laser, i primi installati in strutture pubbliche nella Sicilia. Gli interventi/anno nelle due strutture sono oggi oltre 6000. Si può dire che lei è un “uomo dei record”! Come si arriva a questi risultati in una terra dove, per ragioni storiche e ritardi di programmazione, è tanto difficile stare al passo con le novità del progresso?

R: Vado molto orgoglioso dei risultati che sono stati raggiunti in questi anni dalla mia Unità Operativa. In realtà nel 2019, anno pre-pandemia presso le due sedi dell’U.O.C abbiamo eseguito 9.253 interventi. I risultati sono frutto di un modello organizzativo che anno dopo anno è stato perfezionato, di un’efficiente gestione delle risorse umane, della formazione continua del personale, di aver creato in loro un senso di appartenenza alla squadra e di condivisione degli obbiettivi. Tutto ciò ha consentito anno dopo anno di incrementare il numero complessivo degli interventi e di ridurre le liste di attesa. La riduzione delle liste di attesa è stata poi il volano che ha poi favorito una forte migrazione sanitaria attiva verso le nostre strutture.
Grazie all’attento lavoro svolto dall’U.O.C. Controllo di Gestione della mia Azienda, i risultati conseguiti sono stati evidenziati alla Direzione Strategica che a sua volta ha favorito cospicui investimenti tecnologici. Dal mese di febbraio del 2023, con l’entrata in vigore della gara di bacino regionale della Sicilia Occidentale, predisposta insieme al mio grande amico Nino Pioppo, sia la sede di Agrigento sia la sede di Sciacca della mia U.O.C. dispongono di un laser a femtosecondi per la chirurgia della cataratta. Il laser a femtosecondi nella chirurgia della cataratta ha consentito di ridurre le complicanze intraoperatorie, di incrementare il turn-over di sala operatoria e quindi di incrementare il numero di interventi oltre ad avere consentito l’accesso alla chirurgia di maggiore complessità a chirurghi meno esperti. La stessa gara ha consentito di dotare questo bacino di moderni facoemulsificatori, vitrectomi, e la totalità dei mini invasive glaucoma devices oggi in commercio.
Di recente l’U.O.C Provveditorato, grazie alle somme stanziate dalla Direzione Strategica, ha concluso una gara per attrezzature di oftalmologia che a breve ci consentirà di disporre di nuovi microscopi, fluorangiografi, topografi, ecografi, campimetri, laser, lampade a fessura, topografi autorefrattometri e proiettori.
Si possono raggiungere alti volumi solo lavorando in simbiosi con la Direzione Strategica, con la Direzione Sanitaria di Presidio, con la Farmacia, con il Provveditorato e con la Direzione Infermieristica.

D: Lei è per nascita statunitense. È forse questo retaggio americano che ha permesso la massima ottimizzazione delle sale operatorie che dirige? Quali sono i segreti della sua “macchina da guerra chirurgica”?

R: Certamente la formazione negli Stati Uniti ha fortemente influenzato la mia carriera. Negli Stati Uniti viene insegnato che la chiave di qualunque successo, professionale, militare, personale o accademico dipende dalla capacità di motivare le persone. Sin dalla scuola primaria viene inculcata l’idea del Leader e della Leadership. Negli Stati Uniti il Leader non è mai un despota, un tiranno o un ricattatore ma è un condottiero, un comandante, il primo che entra nella mischia e l’ultimo a lasciare il campo, uno che protegge i suoi uomini e per questo merita la loro fiducia, il loro rispetto e la loro obbedienza. Il mio motto è “bisogna fare di più e bisogna farlo meglio di prima” e le persone che lavorano con me questo motto lo condividono a pieno. Pertanto il segreto della mia macchina da guerra chirurgica sono gli uomini e le donne della mia squadra e la loro fiducia in me, il loro rispetto delle regole e la condivisione degli obbiettivi.
Questo ruolo di Leader riconosciuto e indiscusso rende agevole reingegnerizzare i processi e modificare le procedure. Come su ogni macchina da guerra vi è una gerarchia di comando che serve per dare sicurezza e serenità e il cui valore e la cui ubbidienza alle regole deve essere indiscussa. Anche nella mia “macchina da Guerra vi è un Comandante in Seconda, Antonino Mauceri, un Primo Ufficiale Renato Nicoletti, un Ufficiale di Macchina Stefano Cipolla e un Nostromo l’I.P. Alfonso Navarra senza i quali sarebbe francamente assai difficile andare avanti con tale forza e con tale determinazione.

D: È risaputo che un punto fermo ed imprescindibile nella sua attività è la formazione dei giovani. Oltre ai 12 aiuti distribuiti tra il nosocomio saccense e di Agrigento, molti medici in formazione frequentano le sue sale operatorie per apprendere, rinforzare conoscenze, consolidare esperienze. Curare la formazione dei giovani è retaggio della sua cultura americana o dalla sete di sapere propria dei popoli della Magna Grecia?

R: Negli Stati Uniti è un dovere per ogni medico trasmettere il proprio sapere ai colleghi più giovani. Per quanto mi riguarda, credo che la cosa più bella che si possa regalare ad un giovane è il proprio sapere. Trasmettere il sapere in qualche modo ci rende “immortali” perché da quelle idee ne nasceranno altre più evolute, più attuali e moderne che non avrebbero trovato modo di esistere senza l’idea originaria. Provo poi una grande soddisfazione nell’addestramento chirurgico dei giovani medici. In questi anni ho tenuto a battesimo o perfezionato molti giovani chirurghi… Giordano, Cipolla, Massaro, Bellina, Urso, Iggy, Alessi, Napolitano, Fichera, Pizzo, Amato, Sabella, Testone, Alaimo.
Trovo estremamente stimolante addestrarli, abituarli ad osservare con attenzione ogni fase dell’intervento, a settare le macchine, a scegliere il viscoelastico più adatto e a discutere delle caratteristiche delle IOL. Al termine dell’intervento discutiamo poi di quello che è stato fatto bene e di quello che va migliorato e di come va migliorato. In questi momenti in cui si sta forgiando il loro carattere e il loro temperamento in sala operatoria ripeto sempre il pensiero del mio Maestro Vito Gioia: il problema non è quello di commettere un errore ma di capire perché l’errore è successo e di fare in modo che lo stesso errore non succeda mai più. Certamente aiutare questi giovani chirurghi mi ha reso un chirurgo e un uomo migliore.

D: Gli intervistati in questa Rivista, ormai molte decine, alla domanda su quali fossero le doti per diventare un bravo oftalmologo hanno spesso non messo in evidenza il valore del “carattere”, della personalità di ciascuno. Lei la pensa pure così? Eppure ci vuole “sangue freddo” per essere bravi chirurghi! L’Oftalmologia non è solo chirurgia, è vero; per ogni attività sono necessari opportuni talenti. Ma per essere eccellenti chirurghi alcune peculiarità caratteriali sono indispensabili, forse imprescindibili. Non è così?

R: Credo che per poter essere un buon chirurgo oftalmico si devono possedere alcuni prerequisiti. Innanzitutto occorre un’adeguata preparazione in materia e la disponibilità ad effettuare una formazione continua. Poi occorre possedere una ferma volontà e un grande senso di abnegazione perché solo grazie a queste caratteristiche è possibile iniziare il proprio percorso chirurgico. Inoltre un buon chirurgo deve essere rispettoso del paziente, meticoloso nell’esecuzione della procedura, pignolo nel rispettare le buone pratiche cliniche e sempre disposto ad accettare di modificare la propria tecnica e di affrontare procedure nuove per migliorare le cure che si offrono ai pazienti.
Caratterialmente deve possedere una buona autostima, la capacità di analizzare in profondità un problema immaginando la possibile soluzione, la capacità di prendere rapidamente delle decisioni e la capacità di autocritica che aiuta poi nel percorso di progressione nella carriera. È implicito pertanto che per essere un buon chirurgo oftalmico occorre disporre di “sangue freddo” e di un “carattere forte”.

D: Parliamo degli hobbies e delle sue passioni. Quali sono e dove trova il tempo per praticarle? La vita familiare e quella professionale sono state in qualche modo in contrasto durante il percorso professionale? Cambierebbe qualcosa? Avrebbe magari preferito rimanere negli Stati Uniti?

R: Mi piace giocare a biliardo, a golf e a briscola in cinque ma riesco a giocare solo durante le ferie estive. La mia vera passione sono le cene in famiglia e con gli amici, durante le quali riesco a staccarmi totalmente dal lavoro e riesco a rilassarmi. Per quanto riguarda la mia famiglia ha certamente pagato un prezzo importante per consentirmi di raggiungere i miei obbiettivi. Spero con tutto il cuore che abbiano potuto comprendere (e magari approvare) le mie scelte e giustificare le mie assenze. Ho sempre lavorato e mi sono sempre impegnato per offrire loro un percorso più semplice di quello che ho dovuto percorrere. Per quanto riguarda la possibilità di lavorare negli Stati Uniti nel 2017 Richard Abbott durante una cena in uno stupendo locale che si affaccia sulla Scala dei Turchi mi offri un lavoro all’Università di California a San Francisco con una remunerazione stratosferica ($700.000/anno). Ho riflettuto un attimo sulla strada che avevo percorso nella vita e su quella che volevo ancora fare e ho capito che il mio posto era qui in Sicilia e ad Agrigento dove ci sono le mie radici. L’obbiettivo che spero di realizzare prima di andare in pensione è quello di un’equipe forte capace di dare agli agrigentini la soluzione a qualunque problema di natura oftalmica. Alla Sua domanda se cambierei qualcosa, rispondo no. La mia canzone preferita e che suscita in me grandi emozioni è “My Way” di Frank Sinatra ed in modo particolare mi rivedo nella strofa in cui canta “regrets, I had a few but then again to few to mention”. Una moglie bella e dolcissima, delle figlie adorabili, un lavoro che mi appaga totalmente ed una situazione economica solida mi sono stati indispensabili anche nell’affrontare la malattia, un melanoma cutaneo comparso nel 2018.

D: Come ultima domanda riformulo anche a lei l’argomento fatto in tutte le mie interviste. La normativa per l’accesso alla Facoltà di Medicina e Chirurgia è ormai cambiata. Aspettando e confidando in queste novità, speriamo efficaci, a suo parere come dovrebbe essere regolato l’accesso in medicina? Servono ancora i quiz? La cultura americana ha fatto dei quiz uno Status Symbol! È un modo veramente efficace di selezione? E come disciplinare l’entrata alle Scuole di Specializzazione tanto avulsa e scollegata dalle qualità e naturali inclinazioni dei giovani medici?

R: In Italia il numero chiuso nelle facoltà di Medicina ha fortemente penalizzato le realtà periferiche come la mia. Se poi a questo si aggiunge il fatto che gli stipendi sono assolutamente inadeguati alle responsabilità e ai carichi di lavoro a cui è sottoposto un medico ospedaliero si comprende facilmente che non solo occorre eliminare il numero chiuso ma occorre altresì riformare il S.S.N. in modo da renderlo più attrattivo per i giovani.
Per quanto riguarda le scuole di specializzazione credo che accanto ai posti con una borsa di studio devono essere previsti dei posti non pagati con libero accesso, in modo da garantire a tutti i nostri laureati di perfezionarsi seguendo le loro inclinazioni. Trovo fuori di ogni logica ridurre i posti nelle scuole di specializzazione di qualunque specialità o imporre ad un giovane medico un lavoro che non gli piace per tutta la vita. Queste scelte insensate hanno portato molti giovani a recarsi all’estero per conseguire la specializzazione senza poi tornare più in Italia. Forse occorre ricordare che senza studenti e senza specializzandi non servono Professori.

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