Cosa leggerete in questa edizione

di A. Rapisarda

Giuseppe Davì ci introduce nel campo delle ptosi palpebrali, facili nella diagnosi ma ostiche nell’interpretazione fisiopatologica. Molto spesso l’esatto approccio clinico a tale patologia lascia molti di noi meno esperti incerti su come procedere.

Per i “non addetti ai lavori” le difficoltà nel riconoscere il tipo delle ptosi e, ancor di più, nel proporre una linea chirurgica adeguata, diventano ostacoli insormontabili, un campo minato sul quale si sbaglia il più delle volte. L’articolo molto esaustivo di Giuseppe riesce a diminuire la distanza verso questa patologia, suggerendo un corretto approccio clinico alle ptosi, e nell’indicare la strada chirurgica più idonea. Le scelte chirurgiche sono di ordine funzionale nelle forme congenite, quando c’è il rischio di ambliopia, o puramente estetiche, in caso di forme accompagnate da sincinesie oculopalpebrali. Anche un chirurgo esperto può avere serie difficoltà nell’inquadrare alcuni tipi di ptosi soprattutto in età pediatrica e nelle forme meno frequenti. La maggior parte dei pazienti in età infantile con ptosi palpebrali non presenta disfunzioni della muscolatura estrinseca; Davì tuttavia ci avverte nel ricercare altri muscoli coinvolti, spesso il retto superiore ipsilaterale, e di predisporre le procedure più idonee per non incorrere in un fallimento della chirurgia. Tutte le forme acquisite neurogene, miogene, aponeurotiche e meccaniche sono nell’articolo passate al setaccio, offrendo un panorama completo di questa patologia spesso colpevolmente trascurata. Giuseppe chiude l’articolo ponendo particolare attenzione sulla Sindrome di Marcus Gunn e sulla blefarofimosi, forme più frequenti di quanto comunemente si ritiene, e ancor meno conosciute.

Paolo Perri ci offre un compendio veramente esaustivo del melanoma della coroide. Come si può leggere nell’introduzione dell’articolo, il melanoma uveale è un raro tumore maligno oculare con un’incidenza del 3-5% tra tutti i melanomi negli USA, il tumore intraoculare primario più comune negli adulti. Paolo ha dedicato studi e approfondite ricerche su questa neoplasia e, pur tra i tanti impegni che la direzione dell’U.O. Oculistica Azienda Ospedaliero-Universitaria Ferrara comporta, scientifici e operatori, ha subito favorevolmente accolto l’invito di offrirci una Review su questa temibile patologia che, nonostante i progressi, non ha visto migliorare negli ultimi 50 anni la sopravvivenza. La disamina offerta è a 360 gradi per gli aspetti diagnostici, strumentali, spiegandoci cosa è la FNAB, Fine Needle Aspiration Biopsy, per passare alla citogenetica e alla disamina delle scelte terapeutiche più recenti e verificate scientificamente. L’articolo si legge d’un sol fiato, quasi come un romanzo giallo, e ti attrae, ti affascina, ti stupisce. Molti pazienti possono presentare micro-metastasi non rilevabili, tanto da far considerare il melanoma uveale come una malattia sistemica. E così ci troviamo da oftalmologi a essere i capofila di una sequele patologiche che si estendono indistricabilmente dal bulbo all’intero organismo, e ne sentiamo la responsabilità ed il peso morale. Recentemente una conoscenza più approfondita della genetica molecolare, della biologia cellulare e dell’immunologia ha fornito nuove informazioni sulla patogenesi di questo raro tumore. Non mi dilungo oltre perché, restando nella metafora letteraria, il finale in un giallo si conosce solo alla fine, leggendo l’articolo. Grazie Paolo per la collaborazione preziosa che hai voluto dare alla nostra Rivista.

Nicola Simini tratta il tema nuovo e poco conosciuto della biomeccanica nel glaucoma. Lo scopo che Nicola si prefigge, è quello di indagare come le variazioni dell’anatomia bulbare possono influenzare, facilitandola o rallentandola, l’azione della pressione endoculare sulle strutture nervose. Le ricadute utili di tale indagine nello screening della malattia, ma anche nella comprensione fisiopatologica del glaucoma, aiutano a trovare una più completa sintesi diagnostica, spesso ardua nel panorama variegato del glaucoma. Nicola parte dalla descrizione del rapporto tra tono endoculare e potere rifrattivo in cornee che hanno eseguito un intervento di cheratotomia radiale, per arrivare a descrivere cosa succede in occhi naïve all’aumento del tono endoculare sul bulbo oculare, cornea, camera anteriore, posteriore, cristallino, e per quanto riguardo l’escavazione del disco ottico. Le variazioni anatomiche possibili come curvatura corneale, spazi e i volumi e profondità della camera anteriore, variabilità dell’escavazione del disco ottico sono, a parità di tono oculare, tutti elementi da correlare al rischio perimetrico. Questi parametri di diritto dovrebbero rientrare tra gli elementi da considerare per una più corretta comprensione sull’influenza della IOP sulle cellule ganglionari, specie a medio e lungo termine. La biomeccanica è argomento certamente ancora poco trattato, per alcuni versi ostico, ma che sicuramente potrà aprire orizzonti, e indicare strade non praticate foriere di positivi risvolti per comprendere meglio e ostacolare più efficacemente questa patologia tanto diffusa e, per molti aspetti, ancora misconosciuta.

Alfonso Spinello mi ha aiutato nel compito di rielaborare la terza e ultima parte dell’ampio articolo dedicato alla neuroprotezione nel glaucoma. Questo capitolo tratta dei supporti nutrizionali per via sistemica. Lo scopo di rallentare il danno delle cellule ganglionari in corso di glaucoma IOP dipendente e non solo, ha portato a sviluppare trattamenti inconsueti, e i nutraceutici per via sistemica sono una possibile risposta. Gli effetti di questi prodotti stanno suscitando grande interesse clinico, proponendosi come utili adiuvanti alla terapia farmacologica convenzionale, troppo spesso insufficiente o comunque inadeguata nel fermare la progressione del depauperamento ganglionare in corso di glaucoma. La speranza si concentra soprattutto su due sostanze, il Palmitoiletanolamide (PEA) e la Citicolina. Nell’articolo si descrive il meccanismo d’azione di queste due molecole, e si riportano gli studi clinici e sperimentali più importanti a supporto di una terapia orale in aggiunta ai colliri per via topica. L’approccio terapeutico globale che richiede il glaucoma ci chiede di andare oltre il solo abbassamento della IOP, obbiettivo comunque fondamentale, sempre da perseguire costantemente. Le terapie alternative e di supporto oltre la IOP target sono argomento non di recente dibattito, e trovano giustificazioni nella difficoltà a contrastare pienamente il danno ganglionare, che, a ragione, appare sempre più di origine multifattoriale, non legato alla sola tensione endoculare. La speranza di percorrere altre vie, pur di arginare la progressione del danno neurologico, anche se suffragata da prove e numerose sperimentazioni, incontra tuttavia larga diffidenza e diffuso scetticismo dalla gran parte degli Oftalmologi. Gli studi che continuano incessanti nella ricerca di nuove molecole di supporto al nervo ottico, comunque ci spingono a non essere pessimisti, ci sollecitano a continuare nello studio e nel riscontro anche personale, verso nuove strade alternative. Quest’articolo prova a dare risposte a queste diffuse esigenze e spero incontri un vostro favorevole riscontro.

Amedeo Lucente nella sua consueta Review questa volta tratta di due aspetti diventati oggetto di numerose pubblicazioni e ricerche scientifiche: l’imaging ad ampio campo e l’intelligenza artificiale. L’indagine fotografica retinica è ritenuta da più tempo indispensabile nella diagnosi e follow-up delle più frequenti e pericolose patologie neuro-corio-retiniche, tra tutte la retinopatia diabetica, le maculopatie, il glaucoma. L’esigenza di documentare le patologie retiniche con un’imaging ad ampio campo si rafforza oggi ancor di più per le crescenti esigenze di prevenzione della funzione visiva, per le aumentate richieste in campo medico-legale, sempre più articolate, e per le garanzie assicurative e pensionistiche, molto onerose e con alti costi sociali. L’intelligenza artificiale, dal suo esordio nel 1956, ha avuto un rapido sviluppo, essendo ampiamente adottata nel riconoscimento d’immagini, in quello vocale, e nell’elaborazione del linguaggio. Un esempio sono i comandi vocali disponibili nelle automobili di ultima generazione, la gestione dei cellulari, del navigatore satellitare, oltre che nella conduzione senza pilota, per intervento degli ADAS, Advanced Driver Assistance Systems, sistemi avanzati alla guida assistita. L’articolo, come sempre, è pieno di riferimenti e valide considerazioni. Trattare temi nuovi è un compito della nostra Rivista, e quest’articolo risponde pienamente a quest’esigenza, facendoci impadronire delle due tematiche ampiamente illustrate. Per il suo grande impegno e dedizione a favore di Oftalmologia Domani ho chiesto ad Amedeo, di concerto con tutta la Redazione, di assumere la carica di Vicedirettore della nostra Rivista, che credo meriti a pieno titolo.

Maddalena De Bernardo, con uno studio su 274 occhi di 137 pazienti, valuta le variazioni della curvatura media e del potere corneale indotte dal taglio limbare in caso d’intervento di cataratta. La breccia chirurgica per cataratta, anche se nel tempo si è molto ridotta in ampiezza, provoca variazioni di astigmatismo e del potere corneale, con ripercussioni sul calcolo della lente intraoculare. Maddalena e collaboratori hanno focalizzato la loro attenzione su quest’aspetto poco conosciuto, dopo aver pubblicato recentemente uno studio in cui si riscontrava una diminuzione della lunghezza assiale dopo impianto di IOL. L’ecografia bulbare in tutte le sue varianti trova all’Università di Salerno ampia eco scientifica, e Nicola Rosa è universalmente conosciuto come tra i massimi cultori della materia. Dallo studio emerge che le variazioni del potere diottrico corneale, sia negli occhi operati sia negli occhi adelfi, non sono significative. Questo dato potrebbe scaturire da differenze intrinseche all’apparecchiatura utilizzata; lo studio termina affermando che i dati riscontrati non sono tali da influenzare il risultato rifrattivo finale. L’attenzione verso le variazioni diottriche corneali dopo chirurgia merita maggior approfondimento; lo studio proposto va in questa direzione. L’attesa da parte dei pazienti di risultati post-operatori sempre più performanti, giustifica l’indirizzo di questa ricerca nel comprendere meglio le variazioni rifrattive indotte, e ci sollecita a non trascurare ogni dettaglio, anche minimo, nella valutazione rifrattiva post-cataratta. Grazie a Maddalena e a Nicola per il contributo della sua Scuola

Buona lettura…

Antonio Rapisarda

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