La fotobiomodulazione nel trattamento della degenerazione maculare senile atrofica: una nuova prospettiva terapeutica

di Pier Luigi Esposti1, Giulia Esposti1, Francesco Costantino2
1Studio Oculistico Esposti, Siena
2Scuola di Specializzazione in Oftalmologia Università di Siena


Abstract: Questo articolo prende lo spunto dalla coesistenza di due situazioni: da un lato, una delle patologie retiniche a più alta incidenza quale la degenerazione maculare atrofica (DRY AMD), causa più frequente di cecità legale al di sopra dei 55 anni nei paesi industrializzati, dall’altro, la mancanza, al momento, di valide opportunità terapeutiche per il suo trattamento.

L’avvento dei farmaci anti VEGF ha rivoluzionato il trattamento della degenerazione maculare neovascolare (NVAMD), ma non altrettanto è avvenuto per la degenerazione maculare atrofica, sia per quanto riguarda il trattamento che per ritardarne la progressione.
L’evoluzione dell’imaging e la nuova comprensione dei meccanismi della malattia hanno aperto la strada allo sviluppo di nuovi farmaci, ancora in fase di studio.
Tali farmaci dovranno risolvere un’esigenza finora in gran parte disattesa in quanto, ad oggi, possiamo offrire ai pazienti esclusivamente integratori alimentari e modifiche dello stile di vita.
In considerazione di tale premessa ritengo giusto prendere in considerazione la fotobiomodulazione (PBM), recentemente posta all’attenzione degli oftalmologi come un nuovo promettente approccio per il trattamento della degenerazione maculare atrofica.
Oggi la fotobiomodulazione per il trattamento delle patologie retiniche è resa possibile dalla realizzazione di strumentazioni idonee e approvate per tale uso.

Keywords and Abbreviations: DRY AMD age related macular degeneration, CCO cytochrome-c oxidase, LED light emitting diode, PBM fhotobiomodulation, NIR near infrared, NVAMD neovascular age related macular degeneration, VEGF vascular endothelial growth factor, Wavelenght.

Introduzione

Lo spettro eletromagnetico: le onde elettromagnetiche vanno da 0,0001 nm (raggi gamma e raggi X) a più di centimetri e metri (radar e onde radio).
Una piccola parte di questo spettro (da circa 400 nm a 700 nm) è visibile all’occhio umano (Fig. 1).
L’occhio presenta in media la sua sensibilità massima alla lunghezza d’onda di circa 556 nm dello spettro elettromagnetico corrispondente al giallo. All’estremità più alta dello spettro visibile si trova la luce rossa, che va da poco più di 600 nm a circa 700 nm.
Al di sopra dello spettro visibile c’è l’infrarosso che va da circa 700 nm a 0,1 mm (Tab. 1).
Lo spettro visibile occupa la sezione centrale dello spettro elettromagnetico e costituisce la luce; le onde di lunghezza maggiore, dall’infrarosso alle onde radio hanno minore energia, le radiazioni a lunghezza d’onda inferiore, dall’ultravioletto ai raggi gamma, hanno elevata energia ed effetto ionizzante, producendo danni biologici.
Sono le lunghezze d’onda del rosso e infrarosso che hanno effetti positivi sul nostro corpo.
La maggior parte delle ricerche che mostrano i benefici della luce rossa e dell’infrarosso vicino hanno utilizzato lunghezze d’onda di 630 – 680 nm e 800 – 889 nm.

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