La canaloplastica. Una storia d’amore che dura da 13 anni

di Paolo Brusini
Responsabile Reparto di Oculistica – Policlinico “Città di Udine”, Udine


Abstract: La canaloplastica è un intervento chirurgico non perforante che si prefigge di ridurre la pressione oculare riattivando le vie di scarico fisiologiche dell’umore acqueo. Le indicazioni principali sono costituite dal glaucoma primario ad angolo aperto, dal glaucoma giovanile e dal glaucoma pigmentario con danni morfo-funzionali lievi o moderati e IOP target non troppo bassa. I risultati a lungo termine sono soddisfacenti, anche se spesso è necessario ricorrere ad un trattamento medico per tenere sotto controllo la IOP. Le difficoltà tecniche di esecuzione e i costi piuttosto elevati sono i principali inconvenienti di questa metodica. L’Autore presenta la propria esperienza basata su oltre 700 occhi operati in 13 anni.

Keywords and Abbreviations: Canaloplastica; Interventi non perforanti; Canale di Schlemm; Chirurgia del glaucoma; Glaucoma primario ad angolo aperto (POAG)

Introduzione

I più fedeli lettori di Oftalmologia Domani forse si ricorderanno che alcuni anni or sono, esattamente nel numero di gennaio/aprile 2013 di questa stessa rivista (a quel tempo diretta dal compianto amico Costantino Bianchi), pubblicai un articolo sulla canaloplastica. La mia esperienza era allora piuttosto buona, ma conclusi che, benché i risultati fino a 4-5 anni fossero promettenti, erano necessari studi prospettici a lungo termine per chiarire se questa tecnica sarebbe potuta entrare a pieno diritto nell’armamentario chirurgico per il trattamento del glaucoma, proponendosi come valida alternativa alla trabeculectomia.
Molta acqua è passata sotto i ponti e oggi abbiamo le idee sicuramente più chiare di allora. Ho pensato quindi che non fosse del tutto privo di interesse raccogliere il frutto della mia esperienza, maturata in tanti anni di sala operatoria, per fare il punto sullo stato della canaloplastica oggi.

Consentitemi però di iniziare con qualche ricordo, finché la memoria mi assiste.
La mia storia d’amore con la canaloplastica inizia a Padova nella primavera del 2007, non ricordo la data esatta. Avevo ricevuto un invito per andare ad assistere ad una seduta di chirurgia del glaucoma organizzata presso la Clinica Oculistica di quella città. Operava il Prof. Norbert Koerber di Colonia, che avrebbe eseguito alcuni interventi con una tecnica del tutto nuova e molto promettente, mai vista prima di allora in Italia, che aveva un nome curioso ed evocativo: canaloplastica. A quel tempo avevo una buona esperienza di trabeculectomia ed eseguivo da oltre 10 anni la sclerectomia profonda con risultati abbastanza soddisfacenti, ma l’idea di cimentarmi con nuove tecniche chirurgiche era per me molto stimolante e quindi accettai di buon grado l’invito.
Il Prof. Koerber, oltre ad essere una persona simpatica e alla mano, era anche uno splendido chirurgo. Operò 5 pazienti, tutti in anestesia generale, lasciando a bocca aperta me e gli altri colleghi che erano venuti a vederlo. La prima fase dell’intervento era praticamente identica alla sclerectomia profonda, e fin lì nulla di nuovo. Ma quando prese il sottilissimo catetere con in punta una luce rossa lampeggiante e disse, nel suo inglese con forte accento tedesco, che quella sonda avrebbe percorso il canale di Schlemm per tutta la circonferenza pensai stesse bluffando. E invece, con una facilità davvero sconcertante, la luce pulsante entrò, avanzò nel canale, ben visibile attraverso la sclera e, incredibilmente, uscì dall’altra parte senza alcun apparente sforzo, trascinando poi all’interno del canale stesso un doppio filo di prolene. Fu un colpo di fulmine.

Tornato a Udine, tempestai di richieste la ditta che produceva le sonde monouso (l’iScience di Menlo Park, in California) per poter iniziare quanto prima la mia esperienza con questo tipo di chirurgia nel mio Ospedale.
Furono gentili, ma molto reticenti: il prodotto non era ancora disponibile in Italia. Dopo qualche mese mi fu comunicato che, per poter utilizzare le sonde per la canaloplastica, era necessaria una specifica certificazione che comprovasse l’abilità chirurgica dell’operatore. Si trattava infatti di una metodica tecnicamente difficile e complessa e la casa madre, per motivi ben comprensibili, voleva essere sicura che finisse in buone mani. E così, nel gennaio del 2008, mi recai a Salisburgo per frequentare un wet-lab su occhi umani, organizzato proprio dal Prof. Koerber.

Per fortuna tutto andò bene e fui dichiarato idoneo. Ritornato a Udine, mi diedi subito da fare per organizzare, con comprensibile trepidazione, la prima seduta operatoria che ebbe luogo il 25 febbraio 2008. Per l’occasione fui assistito dalla Dott.ssa Ingrid Kane, oculista e impiegata dell’iScience, incaricata di fare da tutor ai chirurghi che si avvicinavano a questa nuova tecnica.
Avevo messo in lista 4 pazienti, affetti da glaucoma ad angolo aperto scompensato. Assistito dalla fortuna del principiante e, soprattutto, dai preziosi consigli di Ingrid, gli interventi andarono tutti a buon fine, tant’è vero che il video del secondo caso viene ancora adesso utilizzato per dimostrazioni e presentazioni a vari congressi (da questo vecchio video, tra l’altro, ho ricavato le foto per questo articolo). Come è noto, al colpo di fulmine segue una fase di innamoramento totale, in cui tutti i pensieri sono rivolti alla persona (in questo caso alla tecnica) amata. E, come in ogni storia d’amore, subito si palesarono alcuni ostacoli di non poco conto che avrebbero potuto mettere la parola fine alla bella avventura appena iniziata.

Mi riferisco ai problemi di budget e ad altre difficoltà burocratiche che chi mi legge conosce fin troppo bene. Le microsonde, ovviamente monouso, avevano un costo elevato (le prime 4 mi erano state fornite come omaggio dalla ditta costruttrice) e poi c’erano da aggiungere altre spese per la sorgente di luce laser e il materiale monouso dedicato. Una battaglia che sembrava destinata alla sconfitta. Ma, anche in questo caso, la buona sorte mi assistette. In quegli anni, l’Ospedale di Udine era diretto da una gruppo di amministratori capaci ed illuminati, razza ora praticamente estinta, tra cui ricordo con immutata gratitudine il Dott. Giovanni Guarrera, Direttore Medico, al quale sottoposi timidamente il mio progetto.
Mi rispose subito (!), chiedendomi alcune delucidazioni su questa nuova metodica, ne comprese al volo l’importanza sia clinica sia di immagine e, in pochi giorni, autorizzò l’acquisto delle prime sonde con un finanziamento ad hoc (impensabile al giorno d’oggi!). Finalmente, potevo ufficialmente sposare la mia canaloplastica.

Da allora sono passati oltre 13 anni e, tranne qualche fugace scappatella, le sono rimasto sempre fedele, come dimostrano gli oltre 700 interventi finora effettuati, sempre con l’entusiasmo del primo giorno.
La tecnica è affascinante, raffinata e molto elegante, ma, alla luce dell’esperienza maturata in tutti questi anni, oggi sappiamo molte cose anche sui suoi limiti che all’inizio ignoravamo.
Ma andiamo per ordine, abbandonando lo stile del romanzo rosa, per addentrarci nella parte più tecnica e scientifica dell’argomento.

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