Foro maculare a tutto spessore secondario ad edema maculare post occlusione della vena centrale della retina: Case Report

Pierpaolo Patteri1, Pierangelo Pintore1, Pierpaolo Pintore2, Giulia Pintore3, Giuseppina Casu1
1Dirigente medico U.O Oculistica Alghero
2Medico Oftalmologo libero professionista, Alghero
3Specialista in formazione in Oftalmologia, Università degli Studi di Sassari


Abstract: L’occlusione della vena centrale della retina è una patologia in grado di comportare un severo deterioramento della funzione visiva. Si tratta di una affezione frequente, la cui prevalenza (intesa come il numero di persone affette rispetto ad una data popolazione) è pari a circa 5,2 casi ogni 1000 abitanti senza preferenza di sesso. Se ne riconoscono due forme principali: l’occlusione venosa centrale ischemica e quella non ischemica [1]. In entrambe si riscontra un danno funzionale, generalmente dovuto all’edema maculare associato ad alterazioni strutturali a carico dei fotorecettori, a cui si può aggiungere l’edema del nervo ottico capace di provocare sofferenza ischemica dello stesso. I fattori di rischio sono: ipertensione arteriosa, dislipidemia, patologie cardio-vascolari, diabete mellito, iperviscosità ematica, patologie trombo-emboliche e glaucoma [1][2].

Il Case Report che presentiamo studia l’evoluzione clinica di una paziente di 51 anni affetta nell’occhio destro da occlusione della vena centrale della retina (OVCR) di tipo ischemico associata ad edema maculare, che si è successivamente complicato con la formazione di un foro maculare a tutto spessore. È stato proposto il trattamento con iniezioni intravitreali di Ranibizumab.

Keywords: Foro maculare, occlusione della vena centrale della retina, iniezione intravitreale di Ranibizumab, edema maculare cistoide

Abbreviazioni: OVCR (occlusione della vena centrale della retina), IVT-Ranibizumab (terapia con iniezioni intravitreali di Ranibizumab), FAG (fluorangiografia), OCT (tomografia a coerenza ottica), Doppler TSA (doppler dei tronchi sovra-aortici).

Prima di descrivere il Case Report, riteniamo utile rivedere alcuni concetti generali riguardanti l’OVCR iniziando dalla sua etiopatogenesi.
Importanti conoscenze si devono alle ricerche anatomopatologiche svolte da Green ed i suoi collaboratori che hanno studiato occhi enucleati a distanza di 6-10 ore dall’OVCR. È stato evidenziato che la sede più frequente dell’occlusione in corso di OVCR è la lamina cribrosa (Fig. 1), dove l’arteria e la vena centrale retinica decorrono parallelamente fra loro condividendo la tonaca avventizia.
Ne consegue che l’ispessimento e le alterazioni della parete arteriosa tipicamente secondarie a ipertensione arteriosa, si riflettono sulla parete venosa che, a causa della minor pressione idrostatica che la caratterizza e per l’assenza di una tonaca muscolare, si comprime facilmente durante il suo decorso attraverso la lamina cribrosa. Conseguentemente a questi fenomeni compressivi compaiono scompensi reologici a carico del flusso venoso che diviene sempre più turbolento generando ristagno ematico, a sua volta responsabile di alterazioni della parete vascolare con successiva induzione della formazione di trombi intravasali responsabili in ultima analisi dell’occlusione della vena centrale della retina [2].

Lo step successivo vede la genesi dell’edema maculare cistoide. Quest’ultimo è definito come un ispessimento retinico dovuto all’accumulo di fluido e proteine plasmatiche rilasciate dai capillari retinici situali a livello della regione maculare.
In corso di OVCR, l’aumenta la pressione idrostatica vascolare a monte dell’occlusione determinando (secondo la legge di Starling) una trasudazione plasmatica a livello retinico. Tale meccanismo comporta un danno a carico delle cellule endoteliali, le quali, sottoposte ad uno stress infiammatorio, inducono upregolazione del VEGF e dell’interleuchina 6 (IL-6), a loro volta responsabili della chemiotassi di linfociti e macrofagi.
Tali cellule così reclutate, tramite la molecola di adesione intracellulare 1 (ICAM-1) aderiscono all’endotelio amplificandone il danno cellulare e potendo così migrare verso la superficie retinica. Ulteriori citochine pro-infiammatorie concorrono al danno vascolare e retinico, quali l’interleuchina 1 (IL-1), il fattore di necrosi tumorale alpha (TNF α) ed il fattore di crescita dell’endotelio vascolare (VEGF), tutti responsabili a loro volta dell’amplificazione della cascata infiammatoria attraverso la chemiotassi di altre cellule infiammatorie, e soprattutto tramite l’aumento della permeabilità vasale dovuto a fenomeni di fosforilazione e riarrangiamento della struttura quaternaria delle tight junctions delle cellule endoteliali. Ne consegue un’alterazione della barriera emato-retinica, a cui fa seguito la trasudazione di plasma dai vasi intraretinici che va ad accumularsi in sede maculare [3].

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