Come dice il mio caro amico Ing. Umberto Paolucci che di informatica e di strategie economiche se ne intende molto, occorre sì in primis il prodotto, ma a giocare un ruolo chiave sono poi marketing e finanza. In sostanza, occorre un progetto che preveda un nucleo propulsore in grado di concepire, realizzare, aggiornare e sistematicamente innovare il progetto stesso, un cosiddetto ecosistema dell’offerta che contribuisca alla creazione e diffusione dei prodotti che ne fanno parte ed infine un mercato pronto ad accoglierlo, cioè i clienti finali in grado di comprenderne il valore e di pagarne il prezzo.

Se questo nucleo minimo di condizioni di base non si verifica, si resta, senza nulla togliere alla qualità scientifica ed accademica dei progetti che possono essere avviati, in un ambito purtroppo artigianale e come tale vulnerabile di fronte alle numerose difficoltà che bene aveva elencato Costantino nel suo editoriale. Per superarle temo che non bastino gli sforzi dei singoli innovatori se non, appunto, opportunamente incanalati e incardinati in progetti industriali.

Grazie all’interessamento del Dr. Claudio Zucchi presiedo da tempo in Regione Lombardia un gruppo informale per l’innovazione in informatica medica assieme al Prof. Francesco Sicurello, presidente dell’ITIM (Associazione Italiana di Telemedicina ed Informatica Medica), e ad altri attori del sistema. Il nostro scopo è quello di aggiornarci su quanto fatto in materia e di darci idee per progetti condivisi fra varie realtà. I software sviluppati dall’informatica medica sono già molto utili per vedere e studiare al meglio esami di apparecchiature medicali come la RMN o l’OCT e nel creare procedure gestionali come i CUP ospedalieri o le prenotazioni delle visite dalle farmacie. Il passo successivo, quello di utilizzare software intelligenti per far colloquiare i medici a beneficio dei pazienti, deve ancora farsi strada. E in questo campo abbiamo constatato che moltissimi nuovi progetti, in molte specialità mediche e chirurgiche, sono utilizzati per breve tempo. Molti terminano per mancanza di risorse, scarso utilizzo, mancanza di interesse e soprattutto cessato entusiasmo dell’ideatore che, fatti i debiti rapporti costi-benefici, desiste per le molte difficoltà sopra elencate. E, tranne poche eccezioni, lo stesso vale per molti progetti esteri di colleghi con cui sono in contatto.

Personalmente però non mi arrendo tanto che, dopo un lunghissimo lavoro, inizia a funzionare una nuova piattaforma per semplificare il lavoro dei medici non solo oculisti. Tale piattaforma è già operativa in progetti di ricerca multipli come quelli presso la mia Università, presso l’Università della Campania voluta dalla Prof.ssa Francesca Simonelli e presso vari centri Italiani di Otorinolaringoiatria coordinati dal Prof. Paolo Castelnuovo. Cito inoltre con piacere uno dei lati più belli della nuova e-health; infopoverty, termine coniato nell’ambito delle Nazioni Unite dall’Arch. Pierpaolo Saporito con l’obiettivo di combattere la povertà attraverso l’applicazione delle ICT, ossia delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Dei molti progetti svolti per aiutare le comunità più svantaggiate della terra, i cosiddetti “villaggi ICT” vedranno probabilmente un’espansione di molti progetti funzionali di e-health.

Ho scritto queste considerazioni con piacere, nella convinzione che possano essere utili ai lettori di Oftalmologia Domani. Stiamo cominciando a vedere bei progetti attuati, ma in poche sedi ed in ambito ridotto. Altri stanno per essere realizzati. Uno studio del politecnico di Milano sottolinea come il 37 % delle strutture sanitarie, a macchia di leopardo, abbia investito nell’e-health, ma non è chiaro quanto. E’ però una buona notizia, sappiamo bene ormai come l’evoluzione demografia in atto e l’aumento di malattie croniche necessitino di nuove “soluzioni sanitarie”. E anche di “migliori soluzioni sanitarie” come il Patient Engagement, ovvero la partecipazione attiva del paziente alla gestione condivisa in rete del suo percorso terapeutico e assistenziale, che è già dimostrato essere esso stesso una terapia per il paziente. Sono peraltro convinto che, sebbene debba forse passare quasi ancora una generazione, sicuramente i risultati di questa inevitabile, drastica e sostenibile trasformazione cambierà positivamente il rapporto fra operatori sanitari e la loro relazione con il pubblico da come lo conosciamo noi oggi. E’ un sogno? Ma si dice, sempre caro Costantino, che siano proprio i sogni a cambiare la realtà.

di Claudio Azzolini

 

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