Raggiungere l’obiettivo prefissato non è stato facile.
Spirito di sacrificio e di adattamento sono doti “indispensabili” per affrontare queste “missioni”. Momenti di difficoltà non ne sono mancati, dalle scariche elettriche che hanno bruciato fusibili e schede elettroniche, al blocco della pompa del faco, per non parlare delle difficoltà chirurgiche vere e proprie, che solo una grande esperienza chirurgica ti permette di superare.

Certamente molto c’è da fare: la selezione dei pazienti è fondamentale ma difficile. Il 90% delle cataratte sono bianche, dure o brunescenti. Spesso sono complicate con sinechie iridocapsulari e seclusio pupillae, altre sono di natura traumatica, per cui ti trovi ad affrontare disinserzioni e/o sublussazioni.

La maggiore difficoltà, a mio giudizio, è però far capire ai pazienti e alla popolazione in genere di arrivare all’intervento in tempo, prima di diventare totalmente ipovedenti o peggio ciechi.
Durante i due periodi di formazione abbiamo operato 84 pazienti di cataratta, di cui solo 4 hanno richiesto la conversione in ECCE. Anche le complicanze intraoperatorie sono state basse: sole 3 rotture della capsula posteriore con necessità di vitrectomia anteriore.
Abbiamo utilizzato una viscoelastica pesante per la prima fase chirurgica e una meno pesante per la seconda fase.

Le IOL da sacco sono state impiantate con iniettore. Alcune erano già precaricate.
A tutti i pazienti è stato iniettato utilizzato 0,1 ml di una soluzione con Aprokam in Camera anteriore a fine intervento.

Alla dimissione il giorno successivo tutti ricevevano colliri antibiotici, associazione corticosteroidi-antibiotici e FANS da instillare per 3 settimane fino al successivo controllo.

Conclusioni

La strada della formazione in loco di chirurghi oculisti mi sembra il percorso giusto per permettere ai nostri colleghi africani di allinearsi agli standard tecnologici del mondo occidentale. Anche la popolazione locale e i nostri amici rotariani locali hanno molto apprezzato l’approccio formativo messo in essere nella missione. Infatti, dopo il primo momento caratterizzato dalla diffidenza del “colonizzatore” (come mi vedevano allora), si è passati all’apprezzamento per quanto realizzato. L’esperienza è stata per me molto entusiasmante e sono già all’opera per organizzare un altro progetto di formazione professionela con il Rotary.

Attraverso le pagine di questo giornale Vi invito ad aiutarmi a qualsiasi titolo a realizzare questa missione.
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